Comparativa alimentatori fascia alta

Pag. 2 - Caratteristiche generali

Gli alimentatori oggi differiscono, a parità di potenza supportata, di poche caratteristiche e sembra quasi esaurirsi quella caratterizzazione che invece vediamo in altri prodotti. Proprio per contrastare questa tendenza, tutti i produttori offrono diverse caratteristiche tecniche di base, ormai considerate un "must" come le protezioni da sovraccorenti, overvolt, sbalzi di tensione, ecc. ed aggiungono alcuni particolari che magari meglio rappresentano i bisogni di ogni singolo cliente: effetto modding, silenziosità, modularità, lunghezza cavi, pannelli integrativi su slot da 5,25" o 3,5", ecc.. Prima di approfondire le peculiarità dei singoli prodotti in analisi, vogliamo prima disquisire su quelle che sono le basi tecniche di ogni alimentatore moderno.

La prima caratteristica di un alimentatore è il formato: se è vero che l'ATX la fa ancora da padrona nel mercato (in attesa della diffusione, al momento stentata, del BTX), è anche vero che questo nasconde all'interno diverse sotto-famiglie. Troviamo l'ATX con connettore da 20pin, l'ATX 12V che aggiunge un connettore a 4 pin per l'alimentazione supplementare, l'ATX 12V 2.0 che fornisce un connettore di base per l'alimentazione da 24pin (i 4 pin aggiuntivi forniscono maggiore potenza agli slot PCI-Ex, da cui la sua presenza di serie su tutte le schede madri con questo standard), infine a questo si aggiunge oggi l'EPS 12V, un connettore addizionale da 8pin per sostenere il rail dal maggior voltaggio.

Altro elemento da considerare oggi è la quantità di sotto-tracce presenti per il rail da 12V. Vista la sua importanza e quanto può venire sollecitato dalle moderne schede video (soprattutto nei sistemi con doppia soluzione di rendering in parallelo) e processori (meno quelli più datati che gravano più sul rail +5V), i produttori di alimentatori hanno pensato bene di creare diversi circuiti da 12V al fine di meglio distribuire l'intera potenza elettrica facendo meno soffrire gli altri componenti. Anche in questo caso bisogna fare attenzione prima dell'acquisto in quanto molti produttori creano i sub-rail con diverse uscite da singolo rail mediante limitatori di corrente, e non come rail indipendente dallo stesso voltaggio (più stabile per il sistema).

Ogni alimentatore contiene al suo interno un oscilloscopio ad alta frequenza per la conversione della tensione base delle nostre abitazioni (220V) in quella necessaria al nostro sistema. Inoltre vi è da ricordare che la tensione di casa è alternata e soffre di notevole "rumore", instabilità, cioè di scarsa pulizia del segnale; da qui la necessità di stabilizzarla rendendola continua e distribuendola sui vari rail presenti: +3.3V, +5V, +12V ed anche -12V e -5V sugli ATX 12V (i voltaggi negativi sono usati da vecchi dispositivi oppure per utilizzi legacy di emergenza). Con trasformatori ad alta frequenza, viene convertita la corrente alternata a bassa frequenza della rete in corrente per i diversi rail che, invece, sono costanti. Poichè la potenza consumata dal nostro sistema nasce dalla produttoria delle tensioni per le correnti e dato che le tensioni sono costanti in un PC, allora il consumo energetico del nostro sistema dipende dalla corrente richiesta in ogni momento dalle nostre periferiche sui diversi rail.

A queste caratteristiche se ne aggiungono 2 più o meno importanti e del tutto personali: il PFC e l'efficienza. Il PF (o Power Factor) rappresenta il tasso di energia reale su energia apparente del nostro alimentatore. Quando accendiamo il nostro PC o qualsiasi dispositivo elettrico, l'energia realmente consumata (reale) è minore di quella assorbita (la corrente apparente è il prodotto del voltaggio per la corrente assorbita). Si vanno, quindi, a creare due tipi di corrente, attiva e reattiva, per via dello sfasamento tra le onde di voltaggio e corrente assorbita; da qui il fatto che l'energia assorbita è sempre maggiore di quella reale e, quindi, del fatto che il PF è sempre <1. Detto in altre parole, ogni alimentatore soffre per la presenza di capacitori ed induttori, dispositivi indispensabili che però, non possono essere fasati in condizioni standard (per via dell'alternanza della corrente) e creano energia "negativa" che viene scaricata sulla rete. Il PFC tende a correggere questo fenomeno naturale al fine di sollecitare meno la rete della propria abitazione (si pensi ad uffici con diversi PC accesi) ed anche a ridurre i consumi sui PC con UPS. Esiste un duplice approccio adottabile: adoperando dei semplici filtri capacitivi si può far tendere PF ad 1 oppure introducendo uno specifico circuito di correzione della tensione che meglio permette l'avvicinamento al valore unitario del PF. Quest'ultimo è noto come PFC attivo è ha un duplice svantaggio: è un nuovo dispositivo posto in serie con la circuiteria di alimentazione del PSU (aumenta il rischio di danneggiamento dell'intero PSU) e crea calore durante il funzionamento.

L'efficienza è la capacità di poter ridurre il consumo di corrente reale da parte di un PSU e permette di risparmiare sulla bolletta energetica quanto più alto è tale fattore (valore limite teorico del 100%). Per la famosa legge di Ohm, ogni passaggio di corrente crea una quantità di calore dissipata proporzionale al voltaggio operativo e alla resistenza del mezzo conduttore che, come possiamo ben comprendere, deve essere quanto più piccola possibile. Alla ricerca di materiali sempre meno resistenti e dal costo non proibitivo, si aggiungono oggi dei particolari tecnici che consentono di ridurre la quantità di calore dissipata all'interno di un alimentatore.

Vediamo nelle prossime sezioni i dettagli sui prodotti in analisi in questo articolo.

 

Scritto da nico64 | il 2006-04-05 00:00:00 |

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