di Aragorn il 10 feb 2009, 20:27
tiziano rispetto il tuo parere ma la pensiamo in modo diverso, le mie convinzioni personali restano, difenderò ogni vita anche la più debole fin quando potrò, x me nn l'ha liberata ma gli ha levato tutto cioè la vita, x me questo è omicidio
e se vuoi posso darti anche la parte religiosa di me, anche se nel mio caso specifico non centra nulla, x' il diritto alla vita è il + laico di tutti i diritti:
Giovanni Paolo II, il Papa della enciclica "Evangelium Vitae", ribadisce la
condanna morale dell'eutanasia come "grave violazione della Legge di Dio, in
quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana"
(n. 64) e insiste nel suggerire "una via ben diversa... la via dell'amore e
della vera pietà, che la nostra comune umanità impone e che la fede in
Cristo Redentore, morto e risorto, illumina con nuove ragioni. La domanda
che sgorga dal cuore dell'uomo nel confronto supremo con la sofferenza e la
morte, specialmente quando è tentato di ripiegarsi nella disperazione e
quasi di annientarsi in essa, è soprattutto domanda di compagnia, di
solidarietà e di sostegno nella prova" (n. 67).
Il n. 65 dell'Enciclica "Evangelium vitae", definisce l'eutanasia come
"un'azione o un'omissione che di natura sua e nelle intenzioni è tale da
provocare la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore". L'accento è posto
sull'intenzionalità: l'atto eutanasico richiede la volontà di eseguirlo
(intenzione) e poggia sull'idea utilitaristica secondo cui il fine
giustifica i mezzi.
L'"Evangelium vitae" non distingue fra metodo attivo (caso in cui il medico
interviene direttamente per provocare la morte del paziente) e metodo
passivo (in cui il medico si astiene dagli interventi indispensabili a
mantenere in vita il paziente) di realizzazione dell'atto. Invece,
correntemente, si assiste a revisioni che tendono a restringere l'eutanasia
"propriamente detta" al campo dell'eutanasia attiva volontaria.
In un testo che compare su una pubblicazione di "Scienza e Vita"
(l'associazione "che presidia le frontiere della vita, dal suo sorgere alla
sua fine naturale"), Claudia Navarini, Docente di Bioetica presso l'Ateneo
Pontificio Regina Apostolorum, individua soprattutto tre restrizioni. La
prima: l'eutanasia potrebbe essere solo "attiva", mentre il "lasciar morire"
(sospendere o non iniziare una terapia), corrisponderebbe ad una rinuncia
terapeutica di altro valore etico, che non si salderebbe immediatamente e
direttamente all'effetto mortale. Al contrario, è chiaro che non vi è
differenza etica fra uccidere volontariamente e lasciar morire pur potendolo
impedire. La seconda restrizione: l'eutanasia sarebbe solo quella
"volontaria", quella sancita dal "diritto" di morire rivendicato da chi
ritiene la sua vita ormai inutile. E' raro, però, che una richiesta di
eutanasia sia davvero volontaria e non sia piuttosto condizionata da altri
fattori (come la "falsa pietà"). La terza: l'eutanasia sarebbe l'unico
rimedio alle "sofferenze insopportabili". Poco si parla dei progressi della
terapia del dolore e del fatto che frequentemente quel che risulta davvero
insopportabile è la vista del sofferente, che richiama la nostra stessa
morte.
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»