Peppermint vs utenti italiani: il Garante per la privacy si costituisce in giudizio
Roma, 18mag. (Adnkronos/Ign) - Sono 3600 gli utenti che hanno ricevuto, da parte della Peppermint Jam Records, una richiesta di risarcimento danni pari a 330 euro per aver condiviso illegalmente file musicali nei siti ''peer to peer'' (2P2).
A seguito di questa richiesta, il Garante per la privacy ha deciso di costituirsi in giudizio dopo che le associazioni di consumatori Adiconsum e Altroconsumo hanno denunciato all'Autorità la richiesta di risarcimento da parte dell’etichetta musicale tedesca, perché sembra abbia violato la privacy dei cittadini.
Secondo l’Adiconsum, infatti, l’etichetta discografica “ha chiesto a una società svizzera di software, la Logistep Ag, di individuare attraverso un programma, usato anche dalla polizia polacca, gli indirizzi in rete delle persone che scaricano musica. Una volta ottenuti gli IP, si sono rivolti al tribunale di Roma chiedendo di poter avere i nominativi corrispondenti dai provider italiani. Il tribunale in prima istanza ha negato il consenso, mandando una richiesta al Garante della privacy, che non ha dato risposta. In seconda istanza, sempre senza nessun riscontro dal Garante, il tribunale ha invece dato parere positivo. I provider sono quindi stati obbligati a fornire i nominativi dei loro clienti".
Grazie a questi dati personali, la Peppermint ha chiesto via raccomandata a migliaia di persone di pagare 330 euro di risarcimento, con la promessa di non ripetere più l'illecito (pena altri 10.000 euro di multa), al fine di evitare che la stessa casa discografica "provveda a sporgere denuncia/querela penale e a intraprendere le azioni civili".
Secondo Altroconsumo le informazioni della Logistep non possono essere considerate “una prova”, perché non sono stati valutati né in contraddittorio né davanti al giudice. “Inoltre – aggiunge l’associazione di consumatori – proprio perché l'IP identifica un pc (in molti casi neanche quello, pensiamo soltanto alle reti Wi-fi) e non chi lo usa, la responsabilità non può essere addossata automaticamente al proprietario e neanche è possibile costringerlo (ammesso che sia in grado di dirlo) a rivelare chi usa il suo computer o a dedurre la colpevolezza da un eventuale diniego”.
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