
Tutto cominciò con il caso dell’ex senatore Nicola Maria Di Girolamo, candidatosi nel 2008 con il Popolo della Libertà nella circoscrizione estero, ed eletto con 25.000 preferenze. All’indomani dell’elezione, il primo dei non eletti, Raffaele Fantetti, propose ricorso alla Giunta delle Elezioni del Senato , affermando che, al momento della candidatura, Di Girolamo non risultava residente all’estero, come previsto dalla legge Tremaglia. Per tali motivi, difettando i presupposti normativamente previsti, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma chiese gli arresti domiciliari per attentato ai diritti politici, falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sulla sua identità, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, concorso in falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, concorso in falsità in atti destinati alle operazioni elettorali, false dichiarazioni sulle sue generalità. Risulterebbe che Di Girolamo, il quale aveva dichiarato di essere residente in Belgio, nel Comune di Etterbeek, Avenue de Tervueren n. 143, in realtà avrebbe dichiarato il falso, in quanto nel Comune di Etterbeek non esiste alcuna Avenue de Tervueren n. 143, ed il senatore non risultava conosciuto all’anagrafe belga. In Avenue de Tervueren n° 143, ma in un diverso comune belga, risiedeva invece l’ambasciatore d’Italia in Belgio Oronzo Cilli, che secondo l’accusa avrebbe aiutato Di Girolamo ad ottenere la falsa residenza per potersi candidare nella circoscrizione estero. Il Senato, in ogni caso, liquida la situazione negando l’autorizzazione a procedere nei confronti di Di Girolamo. I guai per l’ex senatore del PDL, però, non finiscono qui. Il 23 febbraio 2010 ne viene richiesto l’arresto nell’ambito di una inchiesta relativa ai reati di riciclaggio e reimpiego di capitali illeciti, nonché per la violazione della legge elettorale tramite un patto di scambio con la nd’rangheta. In seguito alle dure parole del Presidente della Camera Gianfranco Fini, che in data 25 febbraio dichiarava “Se fossi senatore voterei per la concessione dell’arresto”, il giorno successivo il Presidente del Senato Renato Schifani richiede l’annullamento dell’elezione di Di Girolamo. Il 1º marzo 2010 Di Girolamo si dimette, l’aula di Palazzo Madama accoglie le dimissioni il 3 marzo ( ma si registrano 16 contrari e 12 astensioni). Nella medesima serata Di Girolamo si costituisce a Roma e viene condotto in carcere a Rebibbia.
Nicola Cosentino: Le peripezie giudiziarie dell’aspirante candidato alla Presidenza della Regione Campania cominciano nel settembre 2008 , quando gli viene contestato un ruolo di rilievo in vicende relative al riciclaggio abusivo di rifiuti tossici. Tutto nasce dalle dichiarazioni di Gaetano Vassallo, che coinvolge nel ciclone mediatico Cosentino ed altri politici, tra i quali l’ex An Landolfi. Nel novembre 2009 la magistratura inoltra alla Camera dei deputati dai magistrati inquirenti una richiesta di autorizzazione per l’esecuzione della custodia cautelare per il reato di concorso esterno in associazione camorristica, ma la richiesta viene respinta dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. In data 13 luglio 2010 cade una nuova tegola sul capo di
Nicola Cosentino, che si vede indagato insieme all’On. Dell’Utri per associazione a delinquere e violazione della legge Anselmi sulla costituzione delle associazioni segrete, nell’ambito dell’indagine sulla cosiddetta P3.
Camillo Pennisi: il 12 febbraio 2010 è la volta di Camillo «Milko» Pennisi, presidente dimissionario della Commissione urbanistica del Comune di Milano, che veniva arrestato addirittura in flagranza di reato con l’accusa di avere incassato una mazzetta di 10.000 euro dall’imprenditore Mario Basso, responsabile della società immobiliare Style, per sbloccare una pratica edilizia. I finanzieri hanno setacciato i conti correnti, l’ufficio e l’abitazione del politico del Pdl, individuando tracce di versamenti a lui riconducibili. Letizia Moratti ne chiede immediatamente le dimissioni , il PDL lombardo lo sospende da ogni incarico.
Renzo Masoero: Nella medesima giornata del 12 febbraio 2010 scoppia lo scandalo Masoero. L’uomo politico, al momento dello scandalo Presidente della Provincia di Vercelli e Sindaco di Livorno Ferraris. Le accuse sono relative a tangenti richieste alla società Alex Costruzioni srl di Point Saint Martin, amministrata da Paolo Fresc, indotto a versare, con la mediazione di Tomalino e a titolo di finanziamento della campagna elettorale di Masoero, 10mila euro. L’esborso sarebbe stato indirettamente finalizzato all’assegnazione alla società Alex contratti del valore complessivo di 600mila euro per la costruzione di due rotonde stradali nella provincia di Vercelli. Masoero si è dimesso da entrambe le cariche il 25 febbraio 2010 , ed il Il 7 aprile 2010 ha patteggiato una condanna a 24 mesi di reclusione, pena sospesa.
Giuseppe Ciarrapico: Limitandoci alle controversie giudiziarie che lo hanno visto protagonista nell’ultima legislatura, va segnalato che nel marzo 2010 la procura di Cassino chiede per l’anziano Giuseppe Ciarrapico il rinvio a giudizio con l’accusa di ” stalking a mezzo stampa” che sarebbe stato attuato dal senatore ed editore tramite il quotidiano di sua proprietà Nuovo Molise Oggi, con articoli e vignette, pubblicate quasi giornalmente e contenenti insulti, accuse e allusioni a sfondo sessuale rivolti alla giornalista Manuela Petescia, direttrice dell’emittente Telemolise e moglie di un altro senatore PdL, Ulisse di Giacomo. Nel maggio 2010, poi, la Guardia di Finanza ha sequestrato immobili, quote societarie e conti correnti intestati a Ciarrapico e ad altri soggetti nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Roma, nella quale il vulcanico e controverso “onorevole” è accusato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Secondo l’accusa le due imprese editoriali controllate dal politico tramite il figlio e dei prestanome avrebbero percepito illecitamente circa 20 milioni di euro di contributi tra il 2002 e il 2007.
Dennis Verdini: Quello che è, da anni, uno dei più importanti uomini di Forza Italia, e ora Coordinatore nazionale del PDL, nel febbraio 2010 è stato indagato dalla Procura di Firenze per il reato di concorso in corruzione, relativo ad alcune irregolarità che si sarebbero consumate sugli appalti a Firenze e a La Maddalena, sede in cui si sarebbe dovuto tenere il G8 (poi spostato a L’Aquila). Il gip si è riservato la decisione di ricorrere ad eventuale rinvio a giudizio. Nel maggio 2010, inoltre, è stato è indagato dalla Procura di Roma in un’inchiesta su un presunto comitato d’affari, la cosiddetta “cricca”, che avrebbe gestito degli appalti pubblici in maniera illecita.
Ugo Cappellacci: Il Governatore della Regione Sardegna dal 15 maggio 2010 è indagato per presunta corruzione nell’aggiudicazione degli appalti dell’energia eolica sull’isola. Il procuratore aggiunto di Roma, Capaldo e gli altri magistrati che seguono l’inchiesta – Rodolfo Sabelli ed Ilaria Calò – accusano il presidente della Sardegna di corruzione ed abuso d’ufficio per avere raccolto ed eseguito i consigli di Flavio Carboni, del senatore Marcello Dell’Utri – non indagato – e del suo coordinatore del partito, Verdini: suggerimenti per nominare come direttore generale dell’Arpa Sardegna, Ignazio Farris. L’iscrizione nel registro degli indagati di Ugo Cappellacci è stato deciso dopo la trascrizione di numerose intercettazioni telefoniche . Nel corso della stessa indagine viene fuori il nome di Claudio Scajola, insieme a quelli di Marcello Dell’Utri, di Denis Verdini, del sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo (Pdl, non è indagato).
Aldo Brancher: L’ex sacerdote paolino, e uomo Fininvest di fiducia di Berlusconi, contatto tra il Vaticano e i palazzi della politica romana, è stato indagato a Milano per ricettazione (600mila euro che gli sarebbero stati versati in quattro diverse occasioni) e per la presunta appropriazione indebita nell’indagine sullo scandalo della Banca Antonveneta e la scalata di Gianpiero Fiorani all’istituto creditizio: la Procura ha rintracciato, presso la Banca Popolare di Lodi, un conto intestato alla moglie di Brancher con un affidamento e una plusvalenza sicura di 420mila euro in due anni. Ammesso al rito abbreviato, è balzato agli onori della cronaca perchè, nominato ministro da Silvio Berlusconi il 18 giugno 2010, a soli 5 giorni dalla nomina a Ministro ha eccepito il legittimo impedimento. Il 26 giugno era prevista l’udienza del processo sul tentativo di scalata ad Antonveneta da parte di Bpi in cui il ministro era imputato. Brancher ha motivato la richiesta di sospensione del processo con la necessità di organizzare il nuovo ministero. Ma il Quirinale, con una nota, ha fatto presente che essendo Brancher ministro senza portafoglio, la struttura ministeriale non è prevista. Ha poi rinunciato al legittimo impedimento, annunciando le proprie dimissioni da ministro.
Claudio Scajola: Ministro degli Interni e Ministro dello Sviluppo Economico nell’ultimo Governo Berlusconi. Limitiamoci alla legislatura in corso . Nel 2010 la Guardia di Finanza trova traccia di assegni circolari per circa 900.000 euro, tratti da un conto corrente bancario intestato ad un professionista vicino al gruppo Anemone (coinvolto in un’inchiesta secondo la quale il gruppo avrebbe ricevuto appalti pubblici dalla Protezione civile quali frutti di corruzione). Interpellate in proposito, le beneficiarie degli assegni hanno affermato di averli ricevuti per la vendita a Scajola di un appartamento a Roma davanti al Colosseo. Scajola ha negato queste circostanze ribadendo in più occasioni di aver pagato l’immobile con i 600.000 euro attestati nell’atto notarile e di tasca propria, per i quali ha contratto regolare mutuo. Sotto la pressione di questa vicenda il 4 maggio Scajola si è dimesso da Ministro, dichiarando: « Non posso avere il sospetto di abitare una casa non pagata da me »
Marcello Dell’Utri: Per quanto concerne il senatore Marcello Dell’Utri, fondatore di Forza Italia, ci limitiamo agli eventi degli ultimi giorni, così come raccontati da “Repubblica.it”. ”Sette anni di carcere per Marcello Dell’Utri, ma è assolto per le “condotte successive al 1992, perché il fatto non sussiste”. Questo il verdetto della seconda sezione della Corte d’appello di Palermo presieduta da Claudio Dall’Acqua (a latere Salvatore Barresi e Sergio La Commare). In primo grado, il senatore del Pdl era stato condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Oggi, dopo cinque giorni di camera di consiglio, i giudici d’appello riscrivono la sentenza in uno dei punti più delicati del processo, quello della trattativa che secondo la Procura e il Tribunale sarebbe intercorsa fra l’organizzazione mafiosa e Marcello Dell’Utri alla vigilia della nascita di Forza Italia. La Corte ritiene invece provato che Dell’Utri intrattenne stretti rapporti con la vecchia mafia di Stefano Bontade e poi, dopo il 1980, con gli uomini di Totò Riina e Bernardo Provenzano, almeno fino alla stagione delle stragi di Falcone e Borsellino nel 1992. Eccoli, allora, i capisaldi della condanna. Innanzitutto, l’assunzione del boss palermitano Vittorio Mangano per fare da stalliere nella villa di Arcore di Silvio Berlusconi. “Attraverso la mediazione di Dell’Utri e del mafioso Gaetano Cinà – aveva ribadito il procuratore generale Nino Gatto poco prima che i giudici entrassero in camera di consiglio – Mangano assicurò protezione contro l’escalation dei sequestri a Milano”. Nell’autunno 1974, l’arrivo di Mangano sarebbe stato sancito da un incontro fra Dell’Utri, Berlusconi e i capimafia palermitani Stefano Bontade e Mimmo Teresi, nella sede della Edilnord. I giudici della corte d’appello hanno evidentemente creduto al pentito Francesco Di Carlo, che ha svelato di essere stato presente a quell’incontro. La sentenza di primo grado sosteneva pure che prima del 1980 Dell’Utri aveva fatto da tramite per gli investimenti a Milano di Stefano Bontade, all’epoca uno dei padrini più influenti di Cosa nostra palermitana, che era alla ricerca di aziende pulite del Nord Italia in grado di riciclare i miliardi di lire provenienti dal traffico internazionale di droga. Il senatore Dell’Utri non era presente alla lettura della sentenza nell’aula bunker di Pagliarelli ed ha preferito aspettare la decisione della corte d’appello a Como”. E’ notizia odierna, infine, che Marcello Dell’Utri sarebbe coinvolto anche nel caso “P3″ insieme a Nicola Cosentino.
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