di Aragorn il 02 mar 2010, 20:37
Nessun complotto dei berluscones contro la Polverini, candidata scelta da Fini. Nessuna svista o pausa panino da parte di chi doveva consegnare le liste in tempo. Nelle righe che seguono vi spieghiamo cosa è accaduto a Roma nei giorni scorsi. Il problema è Piccolo. Nel senso di Samuele Piccolo, ex An, consigliere comunale nemmeno trentenne, un perfetto sconosciuto a livello nazionale ma che a Roma smuove decine di migliaia di voti, con tanto di corrente, adepti e a capo di una organizzazione capillare da far paura.
Piccolo, visto il vasto seguito, aspirava ad un posto in consiglio regionale. Un "desiderio" che avrebbe però sottratto voti agli altri candidati e per questo mal vista da mezzo partito. Se ci si aggiunge che tra Piccolo e Alemanno non corre buon sangue, la tesi si fa ancora più credibile. Sarebbero stati due suoi scagnozzi, presenti sabato al Tribunale di Roma, ad accorgersi che Alfredo Milioni, il delegato del Pdl alla consegna delle liste, avrebbe cancellato all’ultimo minuto il suo nome, o sarebbe stato sul punto di farlo. Questo non è ancora chiaro. Un motivo che ai due fedelissimi di Samuele Piccolo sarà sembrato sufficiente per scatenare il parapiglia e sollecitare l’intervento dei rappresentati di lista dei radicali. “Per uccidere un gattino hanno usato tritolo e dinamite” è il claim che si rincorre tra militanti, candidati e addetti ai lavori.
Per capire il motivo dello scoppio di questa bomba è necessario spiegare però cosa accade solitamente all’interno dei partiti nei giorni e nelle ore che anticipano la consegna delle liste. In pratica succede di tutto: trattative, pressioni, minacce, giri vorticosi di telefonate. Una volta decisa la lista con i nomi dei candidati si parte per il Tribunale. Molte volte capita che quella lista spesso venga cambiata all’ultimo momento per togliere un nome scomodo o inserirne un altro. Il presidio dei fedelissimi di Piccolo in tribunale era lì proprio per evitare lo sgambetto dell’ultimo minuto.
E così, negli ambienti romani del Pdl, si fanno sempre più insistenti le voci di una telefonata arrivata all’ultimo minuto ad Alfredo Milioni per togliere alcuni candidati che non dovevano stare in lista, tra i quali appunto Piccolo, ed inserire, a quanto si mormora nell’entourage della Polverini, Pietro di Paolo, consigliere uscente e marito della deputata romana Barbara Saltamartini, come capolista. “Pronto, Alfredo? Devi togliere Piccolo, De Lillo e Paolozzi e mettere Di Paolo capolista”, questo verosimilmente il colloquio durato pochi secondi tra Milioni e un capo partito. Milioni avrebbe quindi eseguito gli ordini di scuderia. Ma chi ha fatto la telefonata? Chi è stato a dare l’input finale a questo sessantenne ex socialista, ex forzista e oggi presidente di un municipio romano che da anni si occupa di presentare le liste di Forza Italia? “Milioni prende ordine solo dai suoi”, tagliava corto ieri un dirigente ex An interrogato durante l’inizio della maratona oratoria organizzata in una piazza al centro di Roma. Due i nomi che girano nella galassia pidiellina: dall’altro capo del telefono dicono che ci fosse o Gianni Sammarco, deputato, coordinatore romano del Pdl, ma soprattutto cognato di Cesare Previti o Alfredo Pallone, europarlamentare e vice coordinatore regionale del Lazio. Ma i sospetti (che per ora, tali restano) gravitano tutti su Sammarco. Nel frattempo però i due hanno smentito presunte telefonate.
Anche Sammarco e Pallone, così come Piccolo, sono una vera potenza a Roma e provincia. Loro ordinano e i soldatini eseguono. E appunto, secondo i gossip romani, da uno di loro due potrebbe essere partito l’ordine e Milioni, fedele pedina, avrebbe eseguito. A far saltare il tavolo, gli uomini di Piccolo, gente di periferia con i quali non si scherza e che il gotha del Pdl romano non aveva proprio calcolato.
Perché i sospetti ricadono su Gianni Sammarco? Per due motivi. E’ stato l’unico a difendere apertamente Milioni. Gli altri del suo partito o se ne sono lavati le mani o lo hanno pesantemente aggredito. Un dirigente molto addentrato nelle vicende del Pdl romano ha spiegato a l’Occidentale un retroscena verosimile: “Milioni non è un fesso, lo conosciamo tutti qui nel partito, se ha sbagliato è perché è stato indotto all’errore e per questo ha chiesto al suo partito di essere messo al riparo dal linciaggio. E chi è quel dirigente pronto a difendere uno indifendibile? Secondo me solo uno costretto. Del resto, in politica la solidarietà non si esprime mai casualmente”.
E poi c’è un altro indizio: da due giorni Sammarco è descritto dagli uomini del suo entourage come nervoso, teso, cupo. Oltre la soglia. Lo si è visto arrivare di mattina presto, lui che mattiniero non è, e passa molte delle sue serate a via Veneto, al comitato della Polverini per leggere avidamente i giornali avvolto nella sua consueta nuvola di fumo. "Ieri al Comitato faceva un caldo pazzesco e lui tanta la fretta di leggere i giornali, non si è nemmeno tolto la giacca”, hanno raccontato alcuni presenti. “Questo di togliere un nome per metterne un altro all’ultimo minuto è un trucco che avviene regolarmente”, spiega un eletto al Comune di Roma nelle file del Pdl, “ma di solito l’imbroglio avviene dentro il taxi in modo che al momento dell’arrivo in tribunale nessuno si accorga di nulla. Se le voci che corrono sono vere, i vertici locali hanno commesso un enorme peccato di presunzione. Hanno azzardato troppo, volendo fare non un cambiamento, ma addirittura quattro modifiche, per di più inserendo un nuovo capolista a pochi minuti dalla scadenza del termine. Roba da dilettanti”.
Ora si apre un nuovo scenario. Decine di candidati, che hanno già sborsato centinaia di migliaia di euro, sono terrorizzati dall’idea di rimanere senza la candidatura e quindi fuori dai giri che contano. Alcuni di loro sarebbero eventualmente piazzati come assessori alla regione qualora la Polverini vincesse. Altri nominati al Comune di Roma nella giunta di Alemanno. Qualche poltrona dovrà saltare per forza. Nel mirino, secondo indiscrezioni, ci sarebbe quella alle politiche abitative di Alfredo Antoniozzi, ex forzista, il quale, oltre ad avere uno degli assessorati più importanti di Roma è anche eurodeputato. Sarà per questo che Antoniozzi è stato visto in questi giorni aggirarsi tra Campidoglio e comitato della Polverini più nervoso che mai. Il suo posto traballa.
In tempi di crisi il doppio incarico è un lusso che nessuno può permettersi. Tutti dovranno stringere la cinghia e sperare nel frattempo che i ricorsi vengano accettati.
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»