Si chiamano Freddy Guevara e Stalin Gonzàlez i due giovanotti che guidano la mobilitazione degli studenti in Venezuela: Guevara e Stalin contro Chàvez, il che sembra dare un tocco di operetta a tuttala faccenda. Ma non si tratta di uno scherzo, come dimostrano anche gli ultimi otto feriti che ci sono scappati, sotto il fuoco degli squadristi di regime.
LE MISURE CONTESTATE
Il Caudillo dopo essersi fatto dare i pieni poteri da un'Assemblea Nazionale dove in seguito al boicottaggio dell'opposizione alle elezioni del 2005 ci sono solo suoi sostenitori le ha poi sottoposto una riforma con cui introdurrebbe nella Costituzione ben 69 nuovi articoli. Alcuni fumosi: ad esempio, una riforma del concetto di proprietà che introduce il concetto di "socialista" ma in effetti non cambia poi molto rispetto alla situazione esistente. Altri certamente popolari, al limite della demagogia: la riduzione dell'età per votare dai 18 ai 16 anni; la giornata lavorativa di sei ore al giorno; un fondo per pagare le vacanze ai lavoratori autonomi. Ma le innovazioni cruciali sono quelle che scavano la fossa al residuo pluralismo rimasto nel Paese. Prima di tutto la rimozione del divieto di una terza rielezione, che permetterà a Chàvez di ricandidarsi a ripetizione: sua dichiarata intenzione è infatti quella di «fare il presidente per trent'anni», sul modello dell'amico Fidel Castro. Ma c'è pure un riordino delle autonomie territoriali che, assieme all'istituzione di organismi di "potere popolare", promette di esautorare quelle amministrazioni ancora in mano all'opposizione. La soppressione dell'autonomia della Banca Centrale. La drastica riduzione di quella universitaria. La possibilità di dichiarare uno "stato d'eccezione" durante il quale la libertà d'informazione potrà venire soppressa.
I TRADITORI
Perfino sei deputati di un partitino già pro-chavista hanno votato contro, venendo per questo definiti "sterco e traditori". E lunedì anche l'ex-ministro della Difesa cui Chàvez nel 2002 dovette il recupero del potere, il generale Raul Baduel, ha esortato a votare no al referendum del prossimo 2 dicembre.
Proprio per chiedere un rinvio del voto, giudicando insufficiente il tempo concesso per dibattervi sopra, gli studenti hanno iniziato a scendere in piazza a ripetizione, venendo investiti dalla polizia con idranti, lacrimogeni e pallottole di gomma. L'altro ieri come risposta ben 80.000 persone sono tornate a manifestare, marciando dall'Università Centrale al Tribunale Elettorale. Ma quando stavano di ritorno sono ricomparsi i pistoleri motociclisti: squadristi che agiscono in coppia, volto coperto o occhiali neri, uno al manubrio, uno a sparare. Furono loro in particolare che scatenarono la sparatoria contro una manifestazione che I'il aprile 2002 provocò 21 morti, accendendo la sommossa da cui Chàvez fu allontanato dal potere per 48 ore.
Stavolta i pistoleri erano appostati all'ingresso dell'Università, secondo quanto testimoniato dallo stesso Decano Jorge Pabón. E i fotografi della Associated
Press hanno contato almeno quattro uomini armati, che erano arrivati appunto in motocicletta. 11 governo sostiene ovviamente che si è trattato di una montatura dell'opposizione, e invece di far vedere le foto degli squadristi la tv di Stato ha trasmesso la successiva protesta studentesca, a base di banchi bruciati e sassate.
In realtà da almeno 5 anni i pistoleri mascherati rappresentano un rischio costante per chiunque si azzardi a scendere in piazza contro il regime. Paura e minacce: i due cardini su cui si regge la dittatura populista di Chàvez. Sarebbero proprio le minacce particolarmente pesanti all'origine del rinvio del viaggio di una delegazione di esponenti del giornalismo e del mondo accademico del Venezuela, che in questi giorni avrebbero dovuto recarsi in Italia a spiegare i rischi della riforma costituzionale proposta da Chàvez.