90 MORTI AL GIORNO PER ERRORI DEI MEDICI O CATTIVA ORGANIZZAZIONE
MILANO - Causano più vittime degli incidenti stradali, dell’infarto e di molti tumori. In Italia le cifre degli errori commessi dai medici o provocati dalla cattiva organizzazione dei servizi sono da bollettino di guerra: tra 14 e 50 mila i decessi ogni anno, circa 90 al giorno, di cui il 50% certamente evitabile. Lo affermano gli esperti dell’ Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), che hanno promosso su questo tema un convegno nazionale i cui lavori si sono aperti oggi all’Istituto dei Tumori di Milano (INT). Secondo l’AIOM, sono almeno 320 mila le persone danneggiate da questi errori, con costi pari all’1% del PIL, 10 miliardi di euro l’anno. "Le fonti, però, sono spesso discordi su questi numeri - fa notare Marco Venturini, consigliere nazionale dell’ Associazione - come si nota per quel divario fra 14 e 50 mila decessi imputabili ad errore (la verità probabilmente si avvicina ai 30-35 mila decessi) ma nella migliore delle ipotesi (’solò 14 mila), i morti per errore medico o della struttura ospedaliera, sono almeno il doppio di quelli per incidente stradale, che sono 8000 l’anno, il che non è poco".
"Il tema del rischio clinico - osserva il presidente dell’ AIOM, Emilio Bajetta - si propone oggi come un argomento di grande attualità, con un forte impatto socio-sanitario. Lo scopo che l’Aiom si ripromette è migliorare la prestazione sanitaria e garantire la sicurezza del paziente oncologico". Anche perché nella particolare classifica delle specialità in cui si commettono più errori, stilata dal Tribunale dei diritti del Malato, l’Oncologia, con un 13% si colloca al secondo posto, preceduta dall’Ortopedia con il 16,5% di errori, seguita dall’Ostetricia (10,8%) e dalla Chirurgia (10,6%). Gli errori più frequenti vengono fatti in sala operatoria (32%), poi nei reparti di degenza (28%), nei dipartimenti di urgenza (22%) e negli ambulatori (18%). Ma quali sono gli errori più frequenti? "Qui le cifre sono meno certe, ma fra gli errori che si verificano più spesso ci sono quelli dovuti alla confusione fra farmaci con nomi simili", afferma Bajetta che fa l’esempio, in oncologia, di farmaci come cisplatino, paraplatino e oxaliplatino. L’ordine di somministrazione di un farmaco può dunque essere equivocato, soprattutto se non vi è il controllo anche al letto del paziente. "Anche l’ambiente in cui si lavora - continua Bajetta - influisce: perché un conto è scrivere la cartella clinica in un ambiente tranquillo, seduti a una scrivania, altro è farlo, coma talvolta capita, in corridoio, nella confusione generale". Altri errori sono dovuti al sistema che, a causa delle lunghe liste d’attesa (per visite ed esami diagnostici) è causa diretta delle diagnosi tardive, che arrivano quando ormai il danno è irrecuperabile. E per il presidente AIOM, "gli errori dovuti a cosiddetta malpractice, cioé a una non corretta prestazione medica, sono minori di quanto non si pensi: spesso ad essi si dà un eccesso di visibilità sui media, prima ancora di poterne valutare l’esatta natura.
Poi alla fine, oltre il 90% dei medici accusati di malpractice viene assolto". Invece, secondo Venturini, si sta affacciando un nuovo tipo di errore, imputabile questo ai recenti cambiamenti del sistema, che tende a risparmiare nelle spese: "E’ quello che gli anglosassoni chiamano ’quicker and sicker’, cioé il dimettere precocemente il paziente (troppo velocemente, quicker), quando é ancora non stabilizzato (più sofferente, sicker)". Altri errori - secondo un elenco del Tribunale dei diritti del malato - sono provocati dalla somministrazione di farmaci sbagliati per la grafia poco comprensibile di chi li ha prescritti (a volte basta anche lo spostamento di una virgola per rendere letale la quantità di un farmaco), dallo scambio di paziente da operare, dall’amputazione dell’arto sbagliato, da smarrimento o confusione di esami, da anestesia maldosata, infine dalla scarsa attenzione al ’consenso informato’. Che cosa fa l’AIOM per arginare il torrente degli errori? "Per correggere gli errori bisogna conoscerli: abbiamo fatto un censimento ’strutturale’ - risponde Venturini - per sapere dove sono le Oncologie in Italia. Poi abbiamo avviato un censimento ’funzionale’, per sapere come funzionano. Per le linee guida della sicurezza stiamo facendo lo stesso: abbiamo in corso un progetto per verificare se e come sono applicate". "Nei nostri reparti all’INT - afferma Bajetta - è fatto obbligo al medico o all’infermiere che ha fatto il turno di notte in reparto, di lasciare l’ospedale al mattino. Non c’é nulla di più facile che sbagliare quando si è a corto di sonno".
fonte ansa
eppure c'è chi, vladimiro guadagni in arte luxuria, invece di sistemare questi dati da 3rzo mondo pensa di buttare via i soldi pubblici in cose inutili e futili, che non vedo x' dovrebbero essere passate dalla mutua, a sto punto anche chi si sente male x' ha il seno piccolo dovrebbe aver diritto di avere la plastica gratis no? o chi ha il naso storto ecc
povera italia
cmq
In tempi di tagli, ristrettezze economiche e sacrifici mancava giusto l'Authority sul sesso. Una commissione, cioè, chiamata ave-rificare se un ex uomo è diventato «totalmente, prevalentemente o parzialmente» donna oppure se, sotto sotto, è rimasto uomo. L'idea è contenuta in una proposta di legge presentata da Vladimir Luxuria, al secolo Vladimiro Guadagno, più alto rappresentante del «genere» transessuale in Parlamento. Il deputato di Rifondazione comunistahapresentato lo scorso cinque giugno una proposta di legge per favorire l'integrazione dei transessuali e proprio in questi giorni sta raccogliendo le firme dei colleghi deputati affinché venga discussa velocemente. Si intitola «Norme in materia di diritti e libertà delle persone transgenere» ed è costituita di 26 articoli. Il primo ribadisce che «la Repubblica garantisce il diritto all'autodeterminazione di ogni persona in ordine al proprio orientamento sessuale» e «predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale». E fin qui è tutto ok.
UNA COMMISSIONE PER REGIONE
libello, per così dire, viene dopo. L'articolo 2, infatti, si occupa dei «criteri di identificazione della persona transgenere». Eggià, perché per fare una legge afavore dei transessuali, che consenta loro di cambiare nome, aggiornare i documenti, avere diritto ad eredità ed adozioni, bisogna prima capire chi lo è veramente. Come? Facile, basta nominare una bella commissione. Per la precisione la «Commissione di riconoscimento di genere». La descrive l'articolo cinque. «È istituita, presso il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità della Presidenza del Consiglio, la Commissione di riconoscimento di genere». Di che si tratta? «È un organo collegiale costituito dal presidente, nominato con determinazione (...) dal ministro per le Pari opportunità e dal ministro della Solidarietà sociale, e da altri sei componenti scelti trapersone che assicurino indipendenza e idoneità allafunzione». Quale?Verificareseil transessuale è davvero tale e fa bene a voler cambiare sesso. Sette persone che resterebbero in carica «quattro anni» con possibilità di es -sere confermati una sola volta. Professori assunti come consulenti? Dirigenti della pubblica amministrazione? Di più non è dato sapere. Certo non è finita IL Perché la deputata transgender, con la sua proposta, chiede che alla commissione centrale vengano affiancate «Commissioni regionali per il riconoscimento di genere». Istituite «in ogni capoluogo di Regione», cioè in 21 città, e composte «daprofessionalità appartenenti al campo della medicina con competenze specifiche». Maacosaser-ve tutto ciò, questo spreco di medici ed esperti del passaggio di sesso? A verificare se un uomo è veramente diventato donna - e viceversa - o meno. «La Commissione regionale», si legge all'articolo 6, «rilascia il certificato di pieno di riconoscimento di genere». A quel punto, accertate le condizioni, si possono avere «una tessera plastificata con un codice alfanumerico identificativo» e «le autorizzazioni a tutte le operazioni chirurgiche di adeguamento di genere». Un vero e proprio paradiso, a ben vedere. Visto che le autorizzazioni alle operazioni, interamente a carico del sistema sanitario nazionale come sottolinea l'articolo 23, riuardano anche «caratteri sessuali secondari» come il naso e il seno. Trale operazioni espressamente rimborsate, infatti, sono contemplate «la rinoplastica, lamastectomia aggiuntiva o demolitiva, le terapie ormonali» e «ogni intervento ritenuto importante per la piena salute della persona transgenere», compreso «il cambiamento chirurgico dei genitali». Basta pagare il ticket e passa la paura. Per non parlare dei farmaci, un elenco lunghissimo, tutti offerti dallo Stato così come l'assistenza psicologica prima e dopo l'operazione.
PENSIONE PRIMA E WC AD HOC
Sono esclusi dalla possibilità di cambiare sesso i minorenni, chi ha patologie psichiatriche o ha deciso di essere diverso da come risulta all'anagrafe da meno di dodici mesi. Per gli altri, basta superare l'esame. Una volta passata l'analisi della Commissione e fatta l'operazione, il transessuale potrà avere una nuova carta d'identità, ma col vecchio numero identificativo, e certificati scolastici, anche antichi, col nome aggiornato. In compenso, forte del suo "tesserino", potrà violare il «divieto in vigore di comparire mascherato in luogo pubblico», vestire come vuole. Il cambiamento di sesso, prevede la legge, comporta l'automatico scioglimento di un matrimonio precedente. Quindi i diritti. Il cambiamento di sesso, chiede Luxuria, non dovrebbe essere «elemento di discriminazione» in caso di affidamento dei figli e, anzi, «non può costituire (...) fattore discriminante ai fini della valutazione del giudice in merito all'idoneità degli adottanti» . Diventare donna può essere utile anche per un altro motivo: «In caso di cambio di genere gli enti previdenziali provvedono ad adeguare il trattamento pensionistico (...)», recita la proposta che attende nuove firme. Il transessuale che da uomo diventa donna, dunque, potrà andare in pensione cinque anni prima. Infine la questione toilette. Forse "scottata" dalla querelle con Elisabetta Gardini, l'onorevole Luxuria lo mette nero su bianco nella prò -posta di legge che potrebbe essere votata nelle prossime settimane: «L'utilizzo dei bagni deve garantire alla persona transgenere dignità e riservatezza». Per questa ragione, recita la legge, «airesponsabili di aziende, scuole, palestre (...) e carceri è demandato il compito di individuare lamigliore soluzione». Creando un terzo bagno, magari, o dirottando i transessuali su quello del genere più "vicino".