. Dopo i dossier illegali di Telecom ritrovati nell’archivio segreto di Cipriani, dopo quelli del Sismi scoperti nell’ufficio deviato di Pio Pompa su magistrati e giornalisti, ecco l’ultimo capitolo di «spiopoli» questa volta ai danni nientemeno che del presidente del Consiglio, Romano Prodi.
Impicciarsi dei fatti altrui, più o meno segretamente, sembra essere diventata insomma l’unica vera passione nazionale, come dimostrerebbe la nuova inchiesta aperta dalla Procura di Milano che ha portato alla perquisizione e all’iscrizione sul registro degli indagati di ben 128 persone: tutti perfetti sconosciuti, impiegati dell’agenzia delle Entrate, del Demanio e delle Dogane, compresi 11 appartenenti alla Guardia di Finanza, che per almeno due anni, interrogando i computer dei loro uffici, si sarebbero dati da fare per sapere vita, morte e miracoli dell’attività fiscale del leader dell’Unione, nonché di una ventina di vip, tra politici di entrambi gli schieramenti (ma con prevalenza del centrosinistra e alcuni con incarichi istituzionali) e gli immancabili calciatori, finanzieri d’assalto e personaggi dello spettacolo. Per quali motivi, sarà l’inchiesta partita due settimane fa al quarto piano del palazzo di giustizia di Milano a stabilirlo.
Ma già fin d’ora si può ipotizzare che gran parte di questi nuovi indagati, la totalità dei quali ieri è stata perquisita nelle case e negli uffici dagli uomini dello Scico, facevano parte di quel sottobosco del mercato delle informazioni riservate destinate, in cambio di poche decine di euro, al vorace e inquinato settore delle investigazioni private. Non si escludono casi di «vouyriesmo telematico» e curiosità personali. Ma qualcun’altro invece, sospettano gli inquirenti, rispondeva a logiche politiche ben precise.
Una «regia» occulta
Il numero elevato di questi piccoli «spioni» rappresenterebbe insomma una sorta di cortina fumogena dietro la quale si nasconderebbe una «regia» occulta che i magistrati sperano d’individuare. È singolare infatti che tutti, ma proprio tutti i 128 inquisiti, come hanno dimostrato inequivocabilmente i tabulati forniti dal ministero delle Finanze che tre settimane fa ha presentato una circostanziata denuncia a Milano, si siano occupati di chiedere ai cervelloni dei loro uffici in più occasioni, e con accessi sempre più ristretti (in gran parte verificatisi proprio a Milano), notizie riservate in merito alle proprietà, gli stipendi, le partecipazioni societarie, le cessioni e quant’altro di Romano Prodi e di sua moglie Flavia Franzoni. Uno spionaggio tributario proseguito per quasi due anni e che per ora ha fatto ipotizzare alla Procura milanese il reato di accesso abusivo a un sistema informatico protetto, punito con la reclusione da 1 a 8 anni.
Il primo sospetto
A mettere la pulce nell’orecchio dell’entourage di Prodi, che proprio una decina di giorni fa ebbe a lamentarsi di essere vittima di spionaggio, sarebbero stati una serie di articoli pubblicati su quotidiani di centrodestra. La notizia comparve sulla prima pagina de Il Giornale nell’aprile scorso: Romano Prodi e la moglie Flavia Franzoni, approfittando della legge esentasse di Berlusconi sulle donazioni, avevano versato due anni prima ai loro figli la somma complessiva di 870 mila euro per comprar casa. Un mezzo scandalo, visto che in piena campagna elettorale il centrodestra accusava il centrosinistra di voler ripristinare la tassa sulle successioni. La notizia però venne riportata con eccessiva dovizia di particolari: il giorno esatto della donazione (16 maggio 2003), il nome del notaio che aveva registrato la donazione (Carlo Vico di Bologna) e il motivo della donazione (l’acquisto di una casa). Perfino gli estremi dell’atto notarile: repertorio e numero di fascicolo. Dati di non facile accesso che diedero il via a una campagna stampa assai velenosa nel pieno della competizione elettorale e a un sms girato su migliaia di cellulari.
Chi poteva averli diffusi? Una prima risposta è arrivata ieri con l’iniziativa della Procura milanese che però ora vuole anche sapere chi ha commissionato questa attività che man mano si è allargata, così hanno dimostrato i tabulati, anche ad altri personaggi del mondo della politica di entrambi gli schieramenti.
Dopo il ritorno dalla Ue
Gli inquirenti su questi nomi mantengono il più assoluto riserbo, anche se nel vortice di voci scatenatesi ieri giravano i nomi del vicepremier Rutelli, del segretario Ds Fassino e dello stesso Silvio Berlusconi. Chiamato in causa, anche se il Quirinale smentisce, Giorgio Napolitano, ma quando ancora non era stato eletto presidente della Repubblica. Tra gli sportivi, si fa il nome di Alessandro Del Piero.
L’attività fiscale di Romano Prodi sarebbe stata messa sotto osservazione illecitamente più o meno da quando lasciò la presidenza della Commissione Europea (novembre 2005) a poco dopo le elezioni di giugno, con punte significative d’interesse proprio sotto le elezioni. Le interrogazioni dei 128 indagati al cervellone dell’anagrafe tributaria avrebbero rivelato infatti che gli accessi più numerosi si sarebbero verificati tra il 21 e il 24 novembre del 2005 (al ritorno di Prodi da un viaggio negli Stati Uniti), il 22 gennaio del 2006 e tra il 30 marzo e l’8 aprile di quest’anno, quando appunto vennero pubblicate sui giornali le notizie sulla donazione dei coniugi Prodi ai figli. L’inchiesta è soltanto agli inizi e il pm incaricato delle indagini, Francesco Prete, parla di un «mare magnum» di nuovi dossier e casi di spionaggio nel quale non sarà semplice orientarsi.