di Aragorn il 22 feb 2006, 15:28
Tornano a casa gli ultimi italiani reduci dalla Libia. Presi tra i due fuochi della rivolta anti-Gheddafi e della repressione antifondamentalista, rischiavano di rimanere vittime degli scontri tra i dimostranti e le forze di sicurezza.
Dopo Bengasi, le proteste stavano dilagando anche a Tobruk. Riporta infatti il sito web del "Fronte di salvezza patriottica della Libia", gruppo di opposizione al regime, che nella giornata di ieri ci sono state forti tensioni a in città dopo che si era sparsa la voce della rivolta avvenuta in Cirenaica, già definita dai forum islamici in Internet come «l'Intifada di Bengasi». Sia i siti integralisti islamici che quelli vicini all'opposizione libica, sostengono che gli scontri avvenuti sabato e domenica scorsa a Bengasi, siano il frutto del malcontento popolare contro il governo dì Tripoli. E non solo l'Italia eia vicenda dell'ex ministro Roberto Galderoli non vengono mai citate, ma addirittura si sostiene ehe per evitare la diffusione del seme della rivolta nel resto del Paese, le autorità avrebbero limitato per alcuni giorni l'utilizzo delle linee telefoniche e di Internet,
Con le città in stato di preassedio e quasi isolatcdal resto del territorio nazionale dopo l'interruzione delle comunicazioni, a molti dei nostri connazionali residenti in Libia non restava che la fuga più rapida possibile. Pochi gli italiani rimasti, mentre chi è rientrato nel pomeriggio di ieri, con un volo di linea Ali talia da Tripoli, spiega che -in questi giorni ci hanno consigliato precauzionalmente di non uscire ■ , come riferisce Dante, un lavoratore molisano dell'Iveco «mala situazione è assolutamente senza problemi a Trìpoli. A Bengasi avevamo un collega che è stato fatto tornare a Tripoli, ma per il momento non rientrerà in Italia; si spera possa tornare al posto di lavoro appena la situazione si sarà ristabilita. Ho la sensazione però ehe a Bengasi non aspettassero altro che un pretesto per scatenare, per motivi interni alla Libia, quanto successo".
Interviene un cittadino libico sbracciandosi per sottolineare l'amicizia tra i due popoli: Italia e Libia no pro-blem, siamo una famiglia». Così la pensa anche il sindaco di Roma, Walter Veltroni, al termine di un incontro con gli ambasciatori della Lega Araba, compreso l'incaricato d'affari libico, Hu-sni A. Misallatì. «Non ho avuto la sensazione - ha detto Veltroni - che i Paesi arabi ritengano che questa vicenda comprometta l'immagine dell'Italia come Paese dell'incontro e del dialogo che ha avuto storicamente nel Mediterraneo. Ho parlato con l'incaricato d'affari libico, che mi ha riferito ehe la
situazione laggiù'ora si ènor-
malizzata e non mi ha dato informazioni che diano motivo di allarme».
Nei rapporti tra Italia e Libia ci sono sempre state delle difficoltà e -.attualmente continuano ad esistere . conferma il ministro della Difesa Antonio Martino, ma • alla luce dei cambiamenti profondi della polìtica estera della Libia spero ehe in futuro questi problemi potranno essere risolti a pieno».
Problemi che sono sfociati ieri in uno scontro di comunicati dai quali emergono tutte le difficoltà del regime di Gheddafi nel superare questa erìsi. L'agenzia di stampa ufficiale .lana ha dif-
fuso un dispaccio nel quale affermava ehe « le motivazioni delle proteste a Bengasi, come nel resto dei Paesi islamici, vanno ricercate nelle «provocazioni nei confronti dei musulmani e alle offese verso il profeta Maometto» e non in «questioni interne libiche-. L'agenzia ha citato una fonte ufficiale del ministero degli Esteri libico che ha sentito il bisogno di intervenire per smentire quanto affermato dal ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, secondo il quale la dimostrazione di protesta e di condanna contro le offese alla religione islamica sono dovute a ragioni interne»,
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»