immagino che il personaggio possa tirare fuori una discussione accesa ma evitiamola grazie, restiamo sempre nei toni soft che ci contraddistinguono
«Se per arrivare al dialogo tra il mondo occidentale e il mondo islamico e per mettere da parte le armi, le bombe e il terrorismo, è necessario che io mi dimetta, che chieda scusa e perfino che mi umilii, io mi dimetto». Questa dichiarazione arriva a tarda notte. Dunque il ministro per le Riforme Roberto Calderoli cede? Non pare proprio. Ecco infatti le sue condizioni: «Lo farò un secondo dopo aver avuto dal mondo islamico un segnale che questo mio atto possa essere utile». Il che equivale, mentre dalla Lega si levano voci in sua difesa, a un rifiuto delle dimissioni. Bossi lo ha mollato o no? E Castelli e Maroni, se lui è costretto ad andarsene dal governo, che faranno? Oggi il Carroccio darà le sue risposte. Ma interpellato appena si è saputo degli scontri a Bengasi, intorno alle dieci di sera, anticipa di non voler mollare la sua poltrona.
Ministro Calderoli, Berlusconi ha continuato a dire, anche poco fa, che non condivide le sue posizioni. Anzi dice che deve dimettersi.
«Il caso mi pareva chiuso. Avevo chiarito che c’era una totale separazione della mia posizione rispetto al governo».
A Bengasi non l’hanno capito.
«Ehhh... figuriamoci. Il caso della maglietta è uscito pochi giorni fa. Il figlio di Gheddafi la scorsa settimana ha chiesto il mio licenziamento. Domenica il papà ha rilasciato un’intervista a un giornale tedesco nel quale sosteneva che presto l’Europa sarebbe stata presto guidata dall’Islam. Nulla è stato lasciato al caso, stia sicuro».
Ci spieghi: dov’è adesso questa famosa maglietta?
«L’ho regalata, perché una serie infinita di persone mi hanno chiesto dove si poteva trovarla, esprimendo totale assenso nei confronti della mia iniziativa. Da ogni parte del mondo e dell’Italia mi sono arrivate telefonate, mail, telegrammi di sostegno. E pensi che questa maglietta nessuno l’ha vista, eh eh eh...».
Cosa c’è disegnato sopra?
«Ho scelto una vignetta in cui c’è la presenza di tutte le religione: la nuvoletta con il Dio cattolico, Buddha, Maometto».
Senta, ma di tutto questo aveva parlato con Bossi?
«Sì, ma non voglio coinvolgerlo Non le dico nulla».
La sostiene?
«Lei legge La Padania?».
Sì.
«E allora? Da quanti giorni vanno avanti con le vignette in prima pagina? Chi crede che l’abbia deciso?».
Scusi, ma forse lei non si rende conto di quanto è successo. Le ricordo che a Bengasi ci sono morti e feriti.
«L’ho chiarito: ho indossato quella maglietta come uomo e come politico, non come ministro. Se qualcuno pensa di scusarsi, io non mi scuso. Chiedo che la reciprocità dei diritti e dei doveri sia totale. Il quotidiano Libero ha riportato una loro vignetta, nella quale c’era l’ombra del Papa dietro le torture nella base americana di Guantanamo. Ma non ho visto alcuna protesta o scusa: né da parte araba né da parte occidentale. Noi siamo insultati in modo blasfemo: e io non condivido assolutamente che si faccia ironia nei confronti di una religione. Però, quando lo si fa nei nostri confronti, non capisco perché si debba porgere l’altra guancia».
Lei ha esposto l’Italia a rischi gravissimi.
«Non possiamo avere un approccio di tipo “andreottiano” nei confronti del problema medio-orientale. I conti con il terrorismo islamico li ha dovuti fare tutto il mondo».
Quindi non si pente?
«E’ una battaglia, ripeto, che mi sento di combattere come uomo. Il mondo occidentale deve potersi difendere dagli attacchi che vengono dall’altra parte. C’è qualcuno che cerca di girare la frittata. Chi offende e chi è offeso?
Da oggi gli italiani che si trovano in un Paese musulmano sono in pericolo.
«E gli americani? Loro sono stati aggrediti: cose diciamo?».
Beh, sembrava che l’Italia ne potesse restare fuori.
«Se il ricatto dovesse aumentare con obiettivi diversi, cosa facciamo? Cediamo?».
Se l’Italia ha deciso una politica di fermezza nei confronti del terrorismo, come linea politica dell’intero governo, ammetterà che è una cosa diversa dalla scelta di un ministro.
«Forse qui non abbiamo più chiaro di cosa si sta parlando. Sono vi-gnet-te. Stiamo parlando di disegni pubblicati in Danimarca e poi ripresi dai nostri giornali. Non è mica un’aggressione del governo italiano: noi la violenza l’abbiamo subìta. Cosa dobbiamo dimostrare?».
L’Italia ha dimostrato fermezza nei confronti del terrorismo. Ma l’irrisione verso Allah è un fatto diverso.
«I luoghi della diplomazia sono sacri. Chi li assalta è un terrorista. Se non lo fosse, vorrebbe dire che lo Stato sostiene quell'attacco. Preferisco pensare che a Bengasi abbiano agito dei terroristi e che non sia stata l’aggressione di uno Stato».