di Aragorn il 21 gen 2008, 15:49
Era una piazza strana, ieri mattina San Pietro all'Ancelus, come lo chiama Papa Ratzinger. Non era una piazza di soli devoti ma non era nemmeno una piazza "politica", come dicevano i suoi prevenuti detrattori, abitata da militanti sanfedisti che usavano il Papa per la loro battaglia ideologica e politica. Non era una piazza retrodatata, quasi rigurgitata dal passato, che vivevaladomenica conio spirito di alcuni decenni fa. Ma era una piazza civilissima di gente comune e contemporanea, cattolica senza essere bigotta, moderata e un po' destrorsa sotto il profilo politico, ma senza alcuna vaga ostentazione di appartenenza, senza slogan urlati, e striscioni feroci da guerra di religione. Somigliava alla piazza del family day, una via di mezzo tra il civile e il con -fessionale, una piazza che esprime una matura religione civile sui temi della libertà e della ricerca scientifica, della famiglia e dei valori comunitari. Altro che la caricatura oscurantista che ne fanno gli organi ufficiali e sottufficiali dell'antipapismo militante.
Burattinai e burattini
Ho notato due cose. La prima è che chi pensava di vedere ieri a san Pietro la strumentalizzazione politica del Papato e della polemica sul suo divieto d'accesso all'università, è rimasto deluso. Non è sorta alcuna polemica e alcuna appropriazione indebita dopo l'Angelus. La politica non è più in grado di strumentalizzare niente e nessuno, è troppo debole e discreditata per poter usare la religione come instrumentum regni. L'unico, comprensibile, tentativo di strumentalizzazione forse l'ha tentato Mastella, andando in piazza quasi a cercare una raccomandazione celeste e pontificia per le sue vicissitudini, e comunque per dare l'immagine di un devoto, timorato di dio, un po' martire della giustizia e della cattiveria che ripete con Heidegger, ormai solo un dio mi può salvare.
Ma i politici erano in piazza sotto traccia, semiclandestini, con la coda tra le gambe, quasi con un invisibile passamontagna; la loro esibizione avrebbe avuto più un effetto negativo che utile alla loro causa. E poi la presenza trasversale non consentiva facili strumentalizzazioni di parte. Ma il fatto saliente dei nostri giorni è che la politica none più burattinaia ma burattina, non muove la piazza ma è mossa, non orchestra i movimenti di pensiero ma vi si accoda.
La seconda cosa, più importante, che emerge dall'adunata di ieri mattina è il cambiamento di ruolo che ha la presenza cattolica nel nostro paese. Mettiamocelo in testa, credenti e atei, praticanti e simpatizzanti, preti e ammazzapreti: la religione cattolica non è più nel nostro paese uno sfondo co -mune e pacifico, quasi un display, e non è nemmeno un sottinteso, che non deve mai venire allo scoperto. È un potere, certo, ma non s'identifica col potere, a volte è perfino un contropotere. Siamo entrati in una fase inevitabilmente conflittuale, in cui la Chiesa ma soprattutto i valori religiosi, devo -no mettersi in gioco, sentirsi una parte e non il tutto. Certo, è contraddittorio pensare ad una religio -ne nella chiave del conflitto; immaginare cristiani ostili ad anticristiani, che lottano per affermare il diritto a esprimere liberamente la propria fede in pubblico. Ma è così. La piazza cattolica, sotto Za-patero e il laicismo dominante, è costretta a uscire allo scoperto come una piazza antagonista e non ecumenica: una piazza che reagisce, dunque etimologicamente reazionaria. Non settaria ma neanche illusa di rappresentare l'unanimità. Può cercare tutti i modi di mediazione e di convivenza che vuole, ma deve inevitabilmente assumersi la responsabilità di rappresentare l'altra faccia dell'opinione pubblica, l'altra metà della storia. Deve cioè dimostrare di poter degnamente vivere ed esprimersi anche ora che nulla è più scontato, e l'ateismo pratico, come l'ateismo militante, lo scientismoeranticlericalismo.epoirislam, le mille sette, sataniche incluse, hanno creato ormai una specie di parlamentino delle religioni e delle irreligioni.
Il ruolo dei tecnici e quello dei preti
Un cattolico o semplicemente un cittadino che confida in una religione civile o in una tradizione consolidata, deve accettare la sfida, partendo sì, come dice il Papa, dal rispetto delle opinioni altrui; ma a cominciare dal rispetto delle proprie convinzioni e dalla sobria urgenza di manifestarle, di renderle pubbliche e non introverse, intime o addirittura segrete. Per indole, astuzia e definizione, il cattolico è un conciliante che si situa nella via di mezzo, al centro, rifiutando di contrapporsi frontalmente all'altro. Era la vecchia astuzia di preti e gesuiti, sacrestani e democristiani, ma ora non basta più. Deve uscire allo scoperto e far valere le prò -prie ragioni. Deve abituarsi a discutere, a confrontarsi, a misurarsi, perfino a competere con l'opposta mentalità. Rispettando chi rispetta, avversando chi avversa. È chiaro che l'avversario non è il laico ma il laicista, e in positivo il progetto da perseguire non è fingere che l'evangelizzazione prima o poi convertirà il pianeta; ma la più realistica considerazione che la religione oggi deve farsi anche impegno civile, confronto sui valori, paragone di civiltà. Ben vengano gli atei devoti, ma i cattolici non possono più lasciarsi guidare da loro nelle scelte di vita e di civiltà, noleggiando capitani di ventura.
Mi diceva una ragazza l'altro giorno: ma questo Papanonfabrecciatranoigiovaniperchéètroppo conservatore. Sui temi essenziali lo era pure Wojtyla, non dimentichiamolo. E poi, non confondiamo i ruoli: dai tecnici vogliamo le innovazioni, dai sacerdoti ci aspettiamo le tradizioni. Le società fai -liscono quando s'invertono i ruoli.
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»