ROMA, 7 aprile 2007 - Se tutto andrà bene, stasera sarà a Manchester. Altrimenti dovrà aspettare domenica o lunedì. Poi, però, per Stephen Fitzsimons, 51 anni, ci sarà la parola fine a questa brutta avventura. Almeno per ora. Dentro, invece, gli resterà il ricordo. Per sempre. Come da sempre c’è il calcio e l’amore per i Red Devils. Irlandese di Dublino, Stephen nel ’67 è sbarcato a Manchester con la famiglia. E qui ha conosciuto la passione per lo United e per Janice, sua moglie. Ma non è un ultrà, né un hooligan. "I’m only a long life fan", dice dal letto d’ospedale. Con Janice gestisce un’azienda di pulizia, la North Western Cleaning Manchester Ltd, 50 dipendenti. È iscritto a un club ("Si chiama One Red, ha milioni di tifosi"), ama la cucina indiana e ha due figli, Stephen jrs, 24 anni, e Liam, 21. "Ora sono a Roma, ripartiremo insieme. Liam fa il portiere, ha giocato nell’Oldham, da piccolo ha fatto anche dei provini con il Manchester". Per lui, invece, una vita da tifoso. Dei Red Devils. "La mia prima volta allo stadio fu a 13 anni, poi centinaia di partite". Fino a mercoledì scorso, quando Roma-Manchester non l’ha vista. Poco prima, dalle parti di piazza Mancini, sulla strada per l’Olimpico, è stato accoltellato all’addome. "È fuori pericolo, ma poteva andare peggio", dicono i medici del San Giacomo. Già. Poteva.
- Che ricordi ha dell’agguato?
"Ero con altri tifosi del Manchester, venivamo dal centro. I taxi ci hanno lasciato in una zona con molto verde, vicina allo stadio. All’improvviso sono spuntati dei tifosi della Roma, con sciarpe e cappelli. Ci hanno colpito con i coltelli, poi via. Sono crollato a terra. Sentivo dolore, poi il sangue".
- Che sensazione le è rimasta dentro?
"Paura. E insicurezza. In Inghilterra lo stadio è sicuro dentro e fuori. Qui intorno non ho visto un poliziotto. Poteva succedere di tutto".
- Ritiene Roma una città insicura?
"No, poteva succedere ovunque. A Roma tornerò, ma da turista. Non è una questione di città, ma penso di istituzioni. In Italia funzionano male".
- Tornerà mai a vedere una partita?
"Sì, ma solo all’Old Trafford. Questa è l’ultima trasferta. Il Manchester l’ho seguito a Madrid, Parigi, Praga e Oporto. Ma è finita. Non si può morire per il calcio. I pugni li capisco, i coltelli no".
- Prima di dirigersi allo stadio, cosa aveva fatto?
"Uscito dall’albergo (Baltic Hotel in via XX Settembre, ndr), un giro veloce per la città, poi abbiamo mangiato e bevuto in un pub irlandese a via Nazionale. Ma non dite che ero ubriaco. Non bastano 4-5 birre per esserlo...".
Il suo Manchester cos’è?
"Soprattutto poesia: George Best e Bobby Charlton, i Reds degli anni ’60-70. Questo gli si può avvicinare".
- All’Old Trafford come andrà a finire?
"Vinciamo 2-0, gol di Rooney e Ronaldo. Ma io non ci sarò...". Già...