Soltanto due settimane fa è stata celebrata in Italia e in tutto il mondo la Giornata della Memoria, dedicata al ricordo della Shoah, una delle pagine più nere della storia dell'umanità, che costò la vita a milioni di ebrei, zingari ed omosessuali. Domani, invece, ricorre un'altra data, nel calendario degli avvenimenti di cui mantenere un degno ricordo, soprattutto come monito per il futuro. Quella che segna il massacro delle Foibe e la perdita di migliaia di vite italiane, una delle più grandi stragi tra quelle consumate durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, in questo caso dall'Armata di Liberazione Popolare della Ex-Jugoslavia.
IL “PERCHE'” DELLE FOIBE
Questa carneficina prende il nome dagli inghiottitoi di natura carsica dove furono rivenuti nell'autunno del 1943 i cadaveri di centinaia di vittime e che in quella regione sono chiamati "foibe". Per estensione il termine "foibe" e il neologismo "infoibare" sono in seguito diventati sinonimi degli eccidi, che furono in realtà perpetrati con diverse modalità. Le origini di questo ignobile massacro sono da rinvenire nelle tesi del nazionalismo croato, che negava l'esistenza della nazionalità italiana in Dalmazia, affermando che dalla presenza dei Veneti in quei territori non potesse discendere l'attribuzione dell'italianità alle genti che li abitavano. Secondo questa visione nazionalista che penetrò in larga parte della popolazione croata, l'Istria, la Dalmazia e la città di Fiume costituivano parte integrante del territorio nazionale a partire dall'Alto Medioevo. Di conseguenza si pensava che invasioni straniere successive avessero italianizzato la popolazione originaria di quei luoghi, che tuttavia dovevano essere considerati croati a tutti gli effetti.
Non bisogna ignorare tuttavia che il massacro compiuto in nome di questa giustificazione etnica non colpì soltanto gli italiani che si trovavano nelle terre di confine tra Italia e Croazia. Le Foibe infatti non risparmiarono cittadini italiani di nazionalità croata o slovena e nemmeno tedeschi e ungheresi che vivevano nella città di Fiume.
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" Il 10 Febbario è il giorno del ricordo; il ricordo degli Italiani uccisi nelle foibe dai comunisti di Tito e far conoscere a tutti, soprattutto ai più giovani, quali e quanti massacri sono stati compiuti all'ombra della falce e martello, non giustifica ne potrà mai modificare il giudizio di condanna, morale, politico e storico delle persecuzioni razziali, ma è un atto di giustizia dovuto, perché la mancanza di verità storica costituisce un oltraggio alla memoria delle vittime ed insieme alla nostra coscienza. È una data storica per tutta la nazione, per comprendere la tragedia che ha colpito le popolazioni giuliano dalmate dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 e ben oltre la conclusione delle ostilità, è indispensabile far riferimento alle cose che ognuno di noi reputa importanti, in base ad una personale scala di valori.
La famiglia, gli amici, la casa, i beni, i ricordi, le tradizioni, le proprie radici culturali legate a suoni, sapori, odori della amata terra in cui si è cresciuti e al legame inscindibile con i propri morti. I 350.000 italiani costretti a fuggire dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia hanno dovuto lasciare tutto questo."