Einstein: solchi anomali nel cervello

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Einstein: solchi anomali nel cervello

Messaggiodi takion il 26 mag 2009, 11:06

Ancora una volta la scienza tradizionale non vuole capire che non è completa...ora si parla di "solchi anormali nel cervello di Einstein" mentre in altri casi si parla di "bambini prodigio" ed è la stessa cosa, però sarebbe meglio dire, nel caso di Albert, che se lui aveva un cervello "anormale" cosa aveva il resto della popolazione mondiale? Ora si tenta di farlo passare da genio che era a quasi fenomeno da baraccone, però non dopo aver accettato tutto ciò che ha fatto e dato..!

Ancora non vogliono capire che le più grosse scoperte fatte nella storia, sono sempre arrivate inaspettate nonché a volte per caso (vedi la penicillina). Nel cervello avvengono reazioni che ancora non sono in grado di capire. Guardate l'ultima riga che ho messo in grassetto... arroganza dimostrata!
Einstein partecipò (segretamente) ad una gara di cervelloni che pretendevano di prendere il suo posto, molti anni prima, e nonostante le scoperte già fatte arrivò decimo...ma questo secondo la "scienza tradizionale" perché in seguito diede altre scoperte...

MILANO — La genialità di Albert Einstein forse ha lascia­to traccia nel suo cervello. Con questa convinzione la pa­leoantropologa Dean Falk del­l’Università della Florida ha elaborato e studiato le imma­gini della materia cerebrale del grande scienziato arrivan­do a una conclusione che giudica «interessante». Sui lo­bi parietali normalmente as­sociati alle abilità matemati­che e alla cognizione spaziale e visuale la scienziata ha iden­tificato in superficie una doz­zina di variazioni rispetto alla norma. Sono rilievi e solchi che fanno pensare ad una riorganizzazione diversa da­gli standard e frutto ipotizza­bile delle straordinarie capaci­tà intellettuali. Dean Falk è una illustre stu­diosa dell’evoluzione cerebra­le dei primi uomini, dei quali ha indagato anche le origini del linguaggio e le doti cogni­tive. Ora applicando le stesse tecniche ha voluto esplorare quanto è rimasto della prezio­sa materia grigia appartenuta al fisico più grande del Vente­simo secolo che ha rivoluzio­nato l’idea dello spazio e del tempo.

IL CERVELLO CONSERVATO - Einstein moriva all’ospeda­le di Princeton nell’aprile 1955. Aveva 76 anni, e sul co­modino trovarono le ultime formule con le quali cercava di creare una teoria del tutto. Aveva rifiutato un rischioso intervento chirurgico avver­tendo i medici che decideva lui quando morire. E dava di­sposizioni perché il suo cor­po venisse cremato e le cene­ri sparse al vento in un luogo segreto.
Così accadeva, ma non per il cervello che venne asporta­to durante l’autopsia e conse­gnato al patologo Thomas Harvey il quale lo trattò per la conservazione eseguendo una serie di fotografie ora uti­lizzate da Dean Falk. Poi ne ri­cavò 240 sottili campioni che montò su vetrini da microsco­pio distribuiti agli studiosi che ne facevano richiesta. Il ri­manente lo pose in un conte­nitore sottovuoto che tenne con sé per decenni nei vari spostamenti fra gli Stati Uni­ti. Egli pure cercò di analizzar­lo senza però riscontrare nul­la e nel 1998 restituiva il tutto al Medical Center dell’Univer­sità di Princeton che ora lo conserva rigorosamente.

LE ANOMALIE - Nel 1985 un neuroscienzia­to dell’Università di Califor­nia, Marion Diamond, pubbli­cava i primi risultati ottenuti dall’esame di alcuni vetrini sostenendo la presenza di un maggior numero di cellule ce­rebrali rispetto alla norma. Negli anni seguenti Sandra Witelson alla McMaster Uni­versity di Hamilton (Ontario) raccontava che le sue analisi mostravano nell’ area parieta­le associata alla visione e al ra­gionamento un’estensione del 15 per cento maggiore nei confronti del normale. Inol­tre notava che il cervello in quella zona era privo di una tradizionale fessura fonden­do insieme due aree molto importanti. Seguendo questi indizi Dean Falk ha voluto ap­profondire trovando altre anomalie. «Il cervello di Einstein è ve­ramente inusuale — com­menta — Almeno in superfi­cie sembra diverso dagli al­tri ». Ma lei stessa ammette che è difficile stabilire se le forme osservate siano causa od effetto del genio. Ciò non toglie che i tentativi di indivi­duare qualche prova si ripeta­no nel tempo. E non solo per Einstein. Il Cremlino aveva addirittura creato un Istituto del cervello nel quale aveva invitato il neu­rologo tedesco Oscar Vogt per esaminare il cervello di Lenin. E nell’Istituto si conser­varono e si indagaro­no fino al crollo del­l’Unione Sovietica i cervelli di Stalin e Breznev ma anche di Majakovskij e Bul­gakov, di Tupolev e Sacharov. Mai alcuna scoperta, tuttavia, emerse dagli illustri reperti.

LE IDEE - L’attrazione per il genio di Ulm è però troppo forte per non attrarre i ricercatori. Dalla sua mente usci­rono 300 memorie scientifiche che rivo­luzionarono la scienza ma lui stesso affermava di non ave­re parole per spiegare i suoi risultati. «Una nuova idea ar­riva all’improvviso e in ma­niera piuttosto intuitiva», di­ceva. «Vorrei che Einstein fos­se vivo — conclude Dean Falk — e forse ponendogli certe domande scopriremmo come egli pensava».


http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/09_maggio_26/caprara_einstein_5caba828-49bc-11de-8785-00144f02aabc.shtml
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Re: Einstein: solchi anomali nel cervello

Messaggiodi takion il 26 mag 2009, 12:21

Neppure a farlo apposta (la mia sfera magica funziona davvero bene :mrgreen:) ecco che a distanza di pochi minuti salta fuori un'ansa in riguardo alla cosa...e che ora farà cadere nel nulla ogni dichiarazione fatta da tali presunta studiosa che avrebbe voluto analizzare il pensiero di Einstein.

ROMA - Potrebbero infrangersi in mille pezzi gli 'specchi neurali' che ci consentono, o almeno finora si credeva, di capire gli altri, imitarli, provare empatia per loro. Infatti uno studio dell'Università di Trento pubblicato sulla rivista dell'Accademia Italiana delle Scienze 'PNAS' sembra far cadere la teoria dei neuroni specchio negli uomini. Lo studio è stato condotto di Angelika Lingnau, Benno Gesierich e Alfonso Caramazza.

I 'neuroni specchio', scoperti nelle scimmie da Giacomo Rizzolatti del Dipartimento di Neuroscienze all'Università di Parma, sono nella corteccia cerebrale a livello frontale e parietale e sono alla base della capacità umana di comprendere e riprodurre le azioni altrui. Funzionano proprio come uno specchio riproducendo nel nostro cervello azioni o stati d'animo osservati su qualcuno di fronte a noi.

Malgrado l'esistenza di un sistema di neuroni specchio nelle scimmie, afferma un comunicato dell'ateneo, finora l'evidenza di un tale sistema di neuroni negli umani è nel migliore dei casi incerta. Gli esperti avrebbero dimostrato ora che la teoria è fallace utilizzando una tecnica chiamata adattamento alla fMRI, basata sulla riduzione della risposta di neuroni a uno stimolo ripetuto più volte, durante l'esecuzione di un compito.

In questo modo é possibile controllare se una specifica area cerebrale è sensibile o meno a cambiamenti nelle proprietà di uno stimolo. I neuroni specchio dovrebbero esserlo, spiegano gli scienziati, indipendentemente dal fatto che l'atto sia osservato od eseguito.

Invece i risultati dimostrano che non è così, sostiene Caramazza - minando al cuore l'interpretazione dei neuroni specchio, secondo cui tali neuroni fornirebbero la base per il riconoscimento e l'interpretazione delle azioni; è improbabile che giochino un ruolo in funzioni complesse come empatia e comprensione del linguaggio o nella spiegazione di patologie cognitive come l'autismo".


http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/inbreve/visualizza_new.html_964707878.html
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