Ancora non vogliono capire che le più grosse scoperte fatte nella storia, sono sempre arrivate inaspettate nonché a volte per caso (vedi la penicillina). Nel cervello avvengono reazioni che ancora non sono in grado di capire. Guardate l'ultima riga che ho messo in grassetto... arroganza dimostrata!
Einstein partecipò (segretamente) ad una gara di cervelloni che pretendevano di prendere il suo posto, molti anni prima, e nonostante le scoperte già fatte arrivò decimo...ma questo secondo la "scienza tradizionale" perché in seguito diede altre scoperte...
MILANO — La genialità di Albert Einstein forse ha lasciato traccia nel suo cervello. Con questa convinzione la paleoantropologa Dean Falk dell’Università della Florida ha elaborato e studiato le immagini della materia cerebrale del grande scienziato arrivando a una conclusione che giudica «interessante». Sui lobi parietali normalmente associati alle abilità matematiche e alla cognizione spaziale e visuale la scienziata ha identificato in superficie una dozzina di variazioni rispetto alla norma. Sono rilievi e solchi che fanno pensare ad una riorganizzazione diversa dagli standard e frutto ipotizzabile delle straordinarie capacità intellettuali. Dean Falk è una illustre studiosa dell’evoluzione cerebrale dei primi uomini, dei quali ha indagato anche le origini del linguaggio e le doti cognitive. Ora applicando le stesse tecniche ha voluto esplorare quanto è rimasto della preziosa materia grigia appartenuta al fisico più grande del Ventesimo secolo che ha rivoluzionato l’idea dello spazio e del tempo.
IL CERVELLO CONSERVATO - Einstein moriva all’ospedale di Princeton nell’aprile 1955. Aveva 76 anni, e sul comodino trovarono le ultime formule con le quali cercava di creare una teoria del tutto. Aveva rifiutato un rischioso intervento chirurgico avvertendo i medici che decideva lui quando morire. E dava disposizioni perché il suo corpo venisse cremato e le ceneri sparse al vento in un luogo segreto.
Così accadeva, ma non per il cervello che venne asportato durante l’autopsia e consegnato al patologo Thomas Harvey il quale lo trattò per la conservazione eseguendo una serie di fotografie ora utilizzate da Dean Falk. Poi ne ricavò 240 sottili campioni che montò su vetrini da microscopio distribuiti agli studiosi che ne facevano richiesta. Il rimanente lo pose in un contenitore sottovuoto che tenne con sé per decenni nei vari spostamenti fra gli Stati Uniti. Egli pure cercò di analizzarlo senza però riscontrare nulla e nel 1998 restituiva il tutto al Medical Center dell’Università di Princeton che ora lo conserva rigorosamente.
LE ANOMALIE - Nel 1985 un neuroscienziato dell’Università di California, Marion Diamond, pubblicava i primi risultati ottenuti dall’esame di alcuni vetrini sostenendo la presenza di un maggior numero di cellule cerebrali rispetto alla norma. Negli anni seguenti Sandra Witelson alla McMaster University di Hamilton (Ontario) raccontava che le sue analisi mostravano nell’ area parietale associata alla visione e al ragionamento un’estensione del 15 per cento maggiore nei confronti del normale. Inoltre notava che il cervello in quella zona era privo di una tradizionale fessura fondendo insieme due aree molto importanti. Seguendo questi indizi Dean Falk ha voluto approfondire trovando altre anomalie. «Il cervello di Einstein è veramente inusuale — commenta — Almeno in superficie sembra diverso dagli altri ». Ma lei stessa ammette che è difficile stabilire se le forme osservate siano causa od effetto del genio. Ciò non toglie che i tentativi di individuare qualche prova si ripetano nel tempo. E non solo per Einstein. Il Cremlino aveva addirittura creato un Istituto del cervello nel quale aveva invitato il neurologo tedesco Oscar Vogt per esaminare il cervello di Lenin. E nell’Istituto si conservarono e si indagarono fino al crollo dell’Unione Sovietica i cervelli di Stalin e Breznev ma anche di Majakovskij e Bulgakov, di Tupolev e Sacharov. Mai alcuna scoperta, tuttavia, emerse dagli illustri reperti.
LE IDEE - L’attrazione per il genio di Ulm è però troppo forte per non attrarre i ricercatori. Dalla sua mente uscirono 300 memorie scientifiche che rivoluzionarono la scienza ma lui stesso affermava di non avere parole per spiegare i suoi risultati. «Una nuova idea arriva all’improvviso e in maniera piuttosto intuitiva», diceva. «Vorrei che Einstein fosse vivo — conclude Dean Falk — e forse ponendogli certe domande scopriremmo come egli pensava».
http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/09_maggio_26/caprara_einstein_5caba828-49bc-11de-8785-00144f02aabc.shtml