IDV: le regole valgono per tutti tranne che per uno

Di Pietro non candida indagati. Eccetto Tonino Antonio Di Pietro si autoassolve. E si candida lo stesso. Alle elezioni europee. Nonostante sia indagato. Andando contro le regole del codice etico che lui stesso ha dato al suo partito. Il leader dell’Italia dei Valori, infatti, è stato iscritto nel registro degli indagati per offesa all’onore e al prestigio del capo dello Stato (articolo 278 del codice penale) per le parole pronunciate durante la manifestazione sulla giustizia a piazza Farnese a Roma. In quell’occasione l’ex-pm aveva esortato il presidente Giorgio Napoletano a intervenire (...) (...) contro la legge sulle intercettazioni che il governo sta portando avanti. Aggiungendo anche che «il silenzio è un comportamento mafioso». Da qui la denuncia presentata sabato scorso dal presidente delle Camere penali, Oreste Dominioni. Dunque, allo stato dei fatti, Di Pietro è indagato. Peccato, però, che qualche settimana fa, durante la bufera per le inchieste napoletane e abruzzesi nei confronti di esponenti del centrosinistra, il suo partito si era dotato di una sorta di codice etico che prevede il divieto di candidatura per chi è indagato e il divieto di assumere o mantenere incarichi di governo, nazionale o locale, per chi è rinviato a giudizio. «Chiedo che questo codice venga applicato anche dai nostri alleati. Noi lo abbiamo messo in pratica per elezioni in Abruzzo e lo rispetteremo anche nelle prossime scadenze elettorali», aveva detto allora l’ex-pm.