Altro che tesoretti e conti in ordine. La dote che Romano Prodi e Tommaso Padoa-Schioppa lasciano in eredità al nuovo governo è ben altra. Impegni non rispettati, spese rinviate, coperture sballate e previsioni smentite. A smascherare i pastìcci e le criticità della finanza pubblica che ora Giulio Tremontì si trova sul groppone è la Corte dei Conti, che ha depositato la Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantifica-ione degli oneri relative alle leggi lubblicate nel quadrimestre set-embre-dicembre 2007. Il nome è implicato, ma di fatto si tratta lei primo giudizio tecnico sulla )olitica economica del precedente ;overno. E delle prime stime sugli iffetti di queDa politica nei prossimi anni. Effetti che, sfogliando le oltre 200 pagine stilate dai magistrati contabili, non sembrano quelli attesi. Il punto centrale della relazione riguarda la spesa per ingressi. Nel 2007, scrive la Corte, «si è consolidato il trend ascen-iente, con un incremento su base annua del 12,4%». I colpevoli sono 3en noti: da una parte l'enorme debito pubblico, dall'altra l'aumento vertiginoso dei tassi d'interesse in seguito alla crisi dei mutui subprime. Il risultato è devastante: gli oneri per lo Stato italiano tra il 2005 e il 2007 sono cresciuti di 12 miliardi (oltre 15 se si considerano le stime ufficiali per il 2008). Ma la cosa grave è che «il rialzo della spesa per interessi, anche nel 2007, non è stato adeguatamente compensato con la riduzione delle altre spese di bilancio». A conti fatti, ammette la Corte confermando quello che ormai tutti hanno capito, «il deciso miglioramento dei saldi osservato nel 2007 ha trovato essenzialmente alimento nelle entrate». Ma è proprio l'extragettito che ha portato il governo «a disattendere la prescrizione espressa nel Dpef di trovare copertura a nuovi interventi con equivalenti riduzioni di spesa». E ugualmente «disattesa è stata la prescrizione che prevedeva di individuare coperture per le maggiori spese previdenziali, connesse alla definizione del protocollo sul walfare». L'elenco delle promesse non mantenute è lungo. Nonostante il maggiore gettito, sostengono i magistrati contabili, «solo limitata si è rivelata la portata della riduzione del prelievo su famiglie e imprese». Così come «né con i decreti, né con la finanziaria si sono portati a compimento gli interventi che, nel Dpef, erano ritenuti indispensabili, non solo per dare corso a impegni sottoscritti, ma anche per finanziare quelle che vengono definite prassi consolidate, assecondando un processo di rinvio delle scelte di investimento in importanti comparti infrastnitturali». Il tutto, e molto altro che per motivi di spazio non può essere detto, produce ovviamente elementi di incertezza sugli anni a venire. Anche perché, «il ridimensionamento del tasso di crescita del gettito nei primi mesi dell'anno» e «l'andamento dell'Iva sugli scambi interni risultato per la prima volta negativo» , dicono con chiarezza che la cuccagna è finita. Se a questo si aggiunge che «limitata è stata la copertura del fabbisogno nel 2008 e pressoché nulla negli anni successivi», che «mancano 7 miliardi per il rinnovo dei contratti pubblici, di cui solo una minima parte ha trovato copertura nella manovra», il quadro appare definito. Il risultato è quello che ha detto Tremonti in questi giorni. Bisognerà recuperare le risorse per le nuove e per le vecchie spese. «Si tratterebbe - avvertono i magistrati - di trovare nell'ambito della spesa primaria sia le risorse per il finanziamento delle ulteriori spese previste per il 2009 e per gli anni successivi, sia quelle necessarie al conseguimento degli obiettivi di indebitamento». E i tagli dovrà farli tutti il nuovo governo. Il tasso di variazione medio della spesa, stima la Corte, dovrebbe passare da una crescita dell'1,7% ad una contrazione dell'1,2%». Sforzo non «trascurabile» e percorso «particolarmente arduo», concludono i magistrati, considerando che la variazione media negli ultimi 5 anni è stata del 4,1%.
di SANDRO IACOMETTI