Che cos'è che fa aumentare il prezzo del cibo?

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Che cos'è che fa aumentare il prezzo del cibo?

Messaggiodi Aragorn il 09 mag 2008, 13:55

Il prezzo dei prodotti agricoli è aumentato considerevolmente negli ultimi due anni e l’andamento dei mercati non fa prevedere diminuzioni nel breve-medio periodo. Le cause economiche e sociali che hanno contribuito a determinare lo scenario attuale sono state analizzate dalla FAO, una delle organizzazioni internazionali che studia ed effettua azioni di monitoraggio sull’andamento dei prezzi, l’accessibilità al cibo e la disponibilità di risorse e materie prime su scala mondiale.

In linea di massima, le principali cause di questi aumenti sono attribuibili a: 1) la riduzione degli stock mondiali (particolarmente per grano e mais) dovuta a due anni di raccolto (2006-2007) al di sotto della media; 2) mancate produzioni (a causa di avversità ambientali – siccità) da parte dei maggiori paesi produttori quali l’Australia (sempre nel biennio 2006-2007); 3) una domanda crescente di cereali per la produzione di bio-carburanti, favorita da incentivi alla produzione per gli agricoltori; 4) cambiamenti nelle politiche agricole dei paesi OECD, dove la riduzione dei sussidi agli agricoltori ha determinato una diminuzione di surplus di prodotto; 5) una forte crescita economica di alcuni paesi in via di sviluppo ed un crescente incremento demografico.

Non sono inoltre da sottovalutare le conseguenze associate ai legami sempre più diretti tra mercati agricoli e mercati non-agricoli, quali quello dell’energia, delle manifatture, della finanza, etc. Anche i cambiamenti climatici e la scarsa disponibilità di risorse (acqua) contribuiscono ad influenzare il mercato della domanda e dell’offerta e conseguentemente i prezzi degli beni primari.

Cosa differenzia l’attuale aumento dei prezzi da simili fluttuazioni registrate nel passato è la connotazione di generalità e stabilità degli aumenti osservati che fanno pensare a cambiamenti strutturali del mercato più che a fenomeni transitori. Tuttavia, secondo gli esperti FAO, questa conclusione sembra prematura. Ad esempio, se pensiamo al ruolo dei bio-carburanti, quale alternativa ai combustibili fossili, è evidente che se il prezzo delle colture destinate a questi usi crescesse più velocemente del prezzo di altre fonti energetiche, questi prodotti perderebbero la loro competitività. D’altra parte, anche se non si può parlare ancora di cambiamenti strutturali, il mercato dei bio-carburanti ha determinato di fatto una ri-allocazione delle risorse (terra, lavoro, capitali) e la dimensione del fenomeno non è da sottovalutare. Il 12% della produzione mondiale di mais del 2007 è stata destinata all’industria dell’etanolo. Nello stesso periodo sono stati registrati aumenti sostanziali del prezzo del mais.

Anche i cambiamenti climatici possono influenzare l’aumento dei prezzi. Nel 2007 si sono avuti raccolti record di mais sia per un aumento delle superfici destinate a questa coltura sia per l’andamento climatico particolarmente favorevole. Allo stesso tempo l’Australia, primo paese esportatore di cereali, è stata colpita da due anni consecutivi di straordinaria siccità. Anche in questo caso però non si dispone di dati sufficienti per poter asseganre a questi fenomeni un carattere di transitorietà o non-transitorietà attribuibile ad esempio al più generale effetto dei cambiamenti climatici.

Le economie emergenti, quali Cina ed India, sono chiamate spesso in causa quando si parla di domanda ed offerta “globale” di beni primari. Ciononostante, l’origine dell’aumento dei prezzi non sembra trovare una risposta nelle dinamiche di questi mercati. Nel biennio 2007-2008 né India né Cina ha avuto un ruolo determinante sul mercato mondiale dei cereali. La Cina ha continuato ad esportare mais mentre le importazioni di grano dell’India sono state minime, specialmente se si confrontano al consumo interno di questi prodotti. Cambiamenti della dieta (diminuzione del consumo dei prodotti vegetali ed aumento di quelli animali), urbanizzazione e migrazione della popolazione dalle aree rurali, conversione della terra ad usi non-agricoli, sono fenomeni che interessano sì le economie emergenti ma che si verificano con una certa gradualità, tale da consentire aggiustamenti ai cambiamenti socio-economici. Queste evoluzioni sociali in genere non comportano fluttuazioni repentine dei prezzi come quelle che si osservano in seguito ad una secca riduzione dell’offerta.

L’aumento dei prezzi va tuttavia analizzato in prospettiva. Un aspetto poco discusso, ma di critica importanza, riguarda i sussidi alle produzioni agricole. I massicci contributi trasferiti all’agricoltura dai paesi OECD ha consentito di mantenere i prezzi bassi sino ad ora. Ma la più recente politica di riduzione delle risorse destinate a questi sussidi, in concomitanza con altri fenomeni naturali quali la carenza idrica ed i ridotti investimenti in tecnologie innovative, hanno rallentato la produzione di beni primari mentre la domanda mondiale è continuata a crescere. In questo contesto, una diminuzione dei prezzi sembra improbabile. Ciononostante, secondo le previsioni FAO di breve-medio periodo, i prezzi elevati spingeranno verso un’espansione delle coltivazioni e delle produzioni che, conseguentemente, potrebbero portare ad un declino/assestamento fisiologico dei prezzi correnti. Considerando i limiti associati alla messa a coltivazione di nuovi terreni è tuttavia presumibile che l’aumento della superficie destinato ad alcune colture più redditizie si verifichi a scapito di altre. Per cui mentre il prezzo di alcune prodotti potrebbe diminuire, quello di altri potrebbe aumentare. E’ pertanto difficile effettuare previsioni accurate, anche perché il mercato mondiale degli alimenti è strettamente legato ad altri mercati (energia e finanza). In base ad uno studio congiunto FAO/OECD sull’andamento dei prezzi dei principali prodotti agricoli si prevede un aumento dei prezzi nel periodo 2007-2016 superiore a quello osservato negli anni 90. Molti Paesi hanno già attivato e/o stanno valutando la necessità di intervenire con misure speciali per contrastare gli effetti ad esso associati. La FAO ed altre organizzazioni internazionali lavorano per avere un quadro aggiornato sulla situazione mondiale e poter adottare tempestivamente misure per prevenire crisi alimentari nei Paesi più a rischio.



Estratto e rielaborato da:

http://www.fao.org/giews/english/fo/index.htm

http://www.fao.org/es/esc/en/15/70/highlight_71.html

http://www.fao.org/giews/english/faq_hp.htm#Q3


«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,

le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»

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Re: Che cos'è che fa aumentare il prezzo del cibo?

Messaggiodi takion il 10 mag 2008, 01:03

Ho visto un bell'articolo che trattava la cosa anche se in modo diverso.

Gli USA sono al primo posto per spreco o sovrabbondanza: si calcola che ogni americano mangia x 5!

In Europa si mangia x 2

Nei Paesi del 3° mondo si muore per mancanza.

Basterebbe passare un po' del nostro cibo a loro per permettere la sopravvivenza, se poi lo facessero gli USA allora sarebbe vita certa...

Chi o cosa fa aumentare il costo? Tutti coloro che consumano. Se noti i giorni in cui ci sono stati gli aumenti, si è acquistato di meno e subito sono corsi ai ripari iniziando a ribassare i prezzi. Da questo si capisce che seguono la domanda...logicamente contano molto anche i trasporti usati.
Oggi il vero business è il cibo, ma come in diritto è detto bene primario, dovrebbe essere a portata di tutti... ma anche questa si può considerare un'utopia: chi se ne frega se 1000 persone o più crepano di fame? Se pagano diamo cibo altrimenti che crepino! E questo è uno dei pensieri che non mi piace. Ma si può iniziare sin da ora a gioire, tanto tra qualche anno sarà tutto un 3° mondo! Bisogna solo attendere...
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(Conte Leo N. Tolstoy)
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