I Fegati, cuori, reniepolmoni umani, in Cinasono catalogati trai rifiuti da riciclare. Basta prelevarli per tempo dai corpi dei condannati a morte giustiziati e poi trapiantarli ancora caldi sui pazienti inattesa.
Ed è un meccanismo perfettamente funzionante, esteso in una rete di ben 600 ospedali dell'impero comunista, con una teoria e una prassi sperimentate da ormai trent'anni a questa parte.
Risale al 1981 l'inizio della carriera di Yang Jun, uno di coloro che hanno denunciato dall'interno il sistema, raccontando una per unale tappe del suo coinvolgimento, fin da quando era studente di medicina: «Partecipai personalmente all'utilizzo dei cadaveri dei prigionieri giustiziati per scopi medico-scientifici». Per esercitarsi, si parte dall'asportazione dei denti dei cadaveri forniti dal personale giudiziario. Se va tutto bene, si sale nella scala gerarchica. Nel 1992, Jun è già direttore dell'ospedale cardiovascolare di Mudanjiang e prende parte ai suoi primi trapianti di cuore. «Condussero in ospedale un prigioniero, ammanettato ai polsi e coi ferri alle caviglie», poi «il condannato, a cui erano stati iniettati tranquillanti che gli impedivano di camminare, fu trascinato fino all'obitorio dell'ospedale, dove gli ufficiali, dopo aver dato lettura della sentenza di morte, lo costrinsero a stendersi sul pavimento con la faccia a terra. Allora, uno di loro gli sparò a bruciapelo un colpo alla nuca». Per non sporcare l'ambiente, gli si infila immediatamente la testa in un sacchetto di plastica e lo si trasporta nella stanza accanto, dove si trasferisce il cuore da un corpo all'altro. I funzionari assistono all'operazione chirurgica da una tv a circuito chiuso, sorseggiando il tè.
È una delle macabre testimonianze che compaiono nel volume "Cina. Traffici di morte. Il commercio degli organi dei condannati a morte", a cura di Maria Vittoria Cattanìa e Toni Brandi, pubblicato da Guerini e Associati e disponibile da domani nelle librerie italiane (pagg. 208, euro 21,50).
Ma Harry Wu, il presidente della Laogai Research Foundation che ha curato il rapporto alla base del libro, è in grado di fornire particolari ancora più agghiaccianti. Ha trascorso diciannove anni nei laogai cinesi e continua comunque a stupirsi dell'apparente innocenza degli addetti alla catena di montaggio dei trapianti.
«A volte hanno ammesso pubblicamente non solo le loro azioni, ma anche la filosofia che vi sta dietro», ricostruisce in un colloquio con Libero. «Alcuni chirurghi, posti di fronte alla questione della dignità umana, ammettono che effettivamente c'è differenza tra un oggetto inanimato e un essere umano. Ma non quando quest'ultimo è incosciente. Allora diventa una cosa. Anzi, un serbatoio di organi da non sprecare. Declinano ogni responsabilità sulla morte dei loro "fornitori" e si dichiarano semplici riciclatori di rifiuti».
Spazzatura tanto preziosa da fruttare 771 milioni di euro l'anno. I pezzi di ricambio sono costosi. Il servizio completo di ricovero e intervento va da 50mila euro per un rene, da 78mila a lOOmila per un fegato, da lOOmila a 130mila per un cuore e dai 120mila ai 136mila euro per un polmone.
Non è tanto perché i costi di produzione siano alti, quanto per lanecessitàela difficoltà diformare chirurghi specializzati nel ramo. Nella Repubblica popolare cinese non ci sono scuole e gli Stati Uniti non ammettono in sala operatoria trapiantologi cinesi, dopo che la battaglia di Harry Wu è sfociata nell'approvazione di una legge che impedisce la collaborazione bilateralenel settore.
Sempre che la recessione non convinca anche l'America a innestare la retromarcia. Qualche segnale di arretramento è giunto ieri, a cinque mesi dalle Olimpiadi di Pechino, quando il dipartimento di Stato di Washington ha cancellato la Cina dalla lista nera dei Paesi che violano i diritti umani. Per Ì12007, la Cina viene classificata tra i Paesi autoritari, avendo avviato riforme economiche e cambiamenti sociali, ma che «non ancora intrapreso riforme politiche democratiche». Di campi di concentramento, detenzione, riedu-cazioneelavoriforzatinonsi parla più. Per salvare la reputazione, si indica che si sono «irrigiditi» i controlli «sulla libertà religiosa in Tibet e nello Xinjiang e il trattamen-
to degli attivisti a Pechino è peggiorato», mentre «il governo continua a controllare, perseguitare, arrestare attivisti, scrittori, giornalisti, avvocati e le loro famiglie, molti dei quali cercano di eserci-tareiloro diritti in base allalegge». Ma ora è l'Europa a rendersi complice del traffico di morte: «I medici cinesi si addestrano presso il Centro Cardiologico di Berlino, in Germania», rivela Wu e annuncia una campagna di sensibilizzazione delle istituzioni nazionali e comunitarie, per far sì che, se non è possibile fermare il macello oltre lan Muraglia, almeno non lo si favorisca più.