Una lettera riservata indirizzata all'ex ministro Clemente Mastella. Mezza pagina scritta a macchina arrivata a Ceppaloni insieme a centinaia di lettere e telegrammi. Il foglio è firmato (per rispetto della privacy non riportiamo il nome dell'autore) ma, più che la firma, è interessante il contenuto di questa lettera che sarà inoltrata all'autorità giudiziaria. Comincia così: «Gentile onorevole, sono.. ..Il procuratore Maffei le ha preparato un'imboscata becera i cui reali contenuti mi sfuggono. Nel confermare a lei e alla sua gentìle sgnorala stima e la solidarietà di questo inqualificabile accadimento, desidero informarla che, qualoraleilo voglia, sono disponibile a rivelarle personalmente le pressioni del Maffei a favore di... tese a ottenere un secondo lavoro. Pressioni andate tutte e due a buon fine». Nella lettera sono indicati i nomi di alcuni familiari che avrebbero ottenuto vantaggi professionali dall'interessamento del procuratore. Illazioni? Accuse inesistenti? Lo stabilirà il magistrato che si troverà la missiva sulla scrivania. Ma, accanto alle presunte pressioni che il procuratore capo di Santa Maria Capua Vetere (ancora per tre giorni perché da lunedì Mariano Maffeièin pensione) avrebbe fatto, la lettera fa riferimento a altri due episodi. Il primo riguarda una finanziaria. «Le ricordo, altresì, che il procuratore Maffei è finito a titoli cubitali sulla stampa nazionale, diverse volte». Chi ha scritto la lettera sostiene che il procuratore abbia fatto «un investimento poco chiaro in una finanziaria. E che dopo la dichiarazione di fallimento si sia recato, accompagnato dagli agenti di polizia giudiziaria, nella stessa finanziaria facendosi restituire i suoi cinquecento milioni di vecchie lire investiti sottraendoli al
fallimento». La lettera sostiene che il processo è ancora in corso a Potenza e cita un'altra vicenda, quella della strage di Caiazzo «su cui ci fu un'interrogazione al ministro Castelli dell'onorevole Diliberto di cui non si è saputo più nulla». Seguono saluti e firma.
Per quanto riguarda la strage di Caiazzo risulta che il 7 febbraio 2006 Oliviero Diliberto (ma prima di lui aveva depositato un'interrogazione parlamentare il senatore Ernesto Lugaro) chiese all'allora ministro della giustizia Roberto Castelli il motivo «del condono all'autore della strage di Caiazzo e la mancata pubblicazione della sentenza nonostante siano trascorsi nove anni». Ecco alcuni passaggi: «Il 13 ottobre 1943 in Caiazzo (Caserta) militari tedeschi della terza compagnia del ventinovesimo panzer granadier regiment trucidavano ventidue civili inermi (...); nel 1988, la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Verere apriva per la prima volta un procedimento penale relativo alla strage, conclusosi con il rinvio a, giudizio di due criminali nazisti, Lehnigk Emden Wulfgang e Shuster Kurt. In data 25 ottobre 1994 la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere condannava Emden e Schuster alla pena dell'ergastolo, con interdizione legale e dai pubblici uffici, ordinando la pubblicazione della sentenza nei giornali II Mattino di Napoli e Corriere della Sera di Milano; la sentenza (...) diveniva definitiva il 9 marzo 1996; a distanza di nove anni dal passaggio in giudicato della sentenza, la procura di Santa Maria Capua Vetere, secondo l'interrogante, non risulta aver ancora dato esecuzione alla sentenza stessa, non provvedendo ad alcuna richiesta di mandato di arresto europeo nei confronti dei condannati, né provvedendo alla pubblicazione della sentenza su giornali e mediante affissione».