La legge elettorale non c'entra con la Gentiloni. E non sono stato certo io a collegare i due temi che sono e restano separati e distinti perché riguardano due piani diversi": lo afferma Silvio Berlusconi, presidente di Forza Italia, in una dichiarazione. "Sulla Gentiloni ho risposto ad una domanda in coerenza con la realtà e con quanto ho sempre affermato: l'impossibilità di una futura collaborazione con un Governo che si macchiasse di una simile nefandezza, inconcepibile in una vera democrazia".
VELTRONI, BENE BERLUSCONI, CONDIZIONI PER PASSI AVANTI
"E' la conferma di una disponibilità a cercare una soluzione. E' tornato tutto dove eravamo. Mi sembra che ci sono tutte le condizioni per passi in avanti". Così il leader del Pd Walter Veltroni commenta, entrando all'esecutivo del Pd, la marcia indietro del leader azzurro Silvio Berlusconi sul rapporto tra disponibilità alla legge elettorale e ddl Gentiloni. "Considero le affermazioni di ieri - sostiene il segretario del Pd - non accettabili. Non è accettabile la relazione tra legge elettorale e una vicenda che riguarda una scelta di azione legislativa per la riforma del sistema radio televisivo".
DDL GENTILONI: MINISTRO A REPUBBLICA, ANDREMO AVANTI
"Desolanti i termini usati ieri da Berlusconi a proposito del ddl Gentiloni per la riforma della tv. Lo dice il ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni, che in una lunga intervista a Repubblica, ribadisce che il governo reagirà "andando avanti sulla strada della riforma tv". E sottolinea che dietro l'urgenza di approvare il provvedimento c'e anche un altro motivo: "rischiamo che la Corte di Giustizia europea ci infligga sanzioni forti se non approviamo nuove regole". Proprio per questo, spiega il ministro dopo aver precisato di non aspettarsi a questo punto "vista l'aria che tira", la possibilità di intese sull'argomento, "ho di nuovo scritto al presidente della Camera Bertinotti ricordandogli l'urgenza di portare in aula il mio disegno di legge, già votato in commissione". Gentiloni dice poi di condividere le scuse espresse da Prodi agli italiani nella sua conferenza di fine anno a proposito del ritardo nel varo della legge tv e sul conflitto di interessi. E dopo aver escluso a questo proposito, "scambi sottobanco, inciucì, punta il dito su "il brutto vizio del centro sinistra di dimenticare il tema del pluralismo informativo una volta arrivato al governo". Si tratta, precisa, di "un limite quasi culturale. Capisco che l'economia e la sicurezza debbano essere ai primi posti dell'agenda del governo. Però il pluralismo è linfa di una democrazia". Quanto alla legge elettorale: è "ridicolo" secondo Gentiloni, "pensare ad un'intesa" senza Berlusconi. Un accordo, dice, è possibile "su un sistema proporzionale che abbia un livello accettabile di disproporzionalità ". E la bozza Bianco è "dunque molto vicina alla soluzione possibile" Sulla Rai: "Tutto il parlamento dovrebbe sentire il dovere di cambiare l'attuale assetto della Rai e l'attuale modalità di nomina dei vertici". La riforma, dice Gentiloni, "dovrebbe avvenire prima della scadenza dell'attuale consiglio di Viale Mazzini, a giugno". Ma su questa materia Gentiloni si dice "'moderatamente ottimista''. Una battuta anche sulle intercettazioni di Berlusconi sulla Rai: "il rischio di una dominanza congiunta sul sistema tv, pubblico e privato, è stato molto serio e si può ripresentare. Un motivo in più per insistere sulla strada delle riforme".
VIGILIA DI VERTICE
di Milena Di Mauro
ROMA - Settimana cruciale, quella che si apre, per l'intesa sulla legge elettorale. Silvio Berlusconi "spera ardentemente" che Walter Veltroni, al vertice di maggioranza di domani, riesca a domare i piccoli in rivolta di fronte alla dichiarata vocazione maggioritaria del Pd. Non ci saranno, si apprende, concessioni sulla soglia di sbarramento (fissata non sotto al 5%) ma al massimo la disponibilità a risolvere per 'via politica' (per esempio con patti federativi) la questione della sopravvivenza delle diverse identità.
Linea dura anche con i partiti 'medi' e quindi con i pasdaran del proporzionalismo, ai quali non si intenderebbe concedere né voto disgiunto né assegnazione nazionale dei seggi, ponendo invece il 'premietto di maggioranza' come strumento necessario ad evitare che una qualsiasi forza media possa porsi come ago della bilancia. Pd e Forza Italia, pur senza sbandierarlo ai quattro venti, vanno al confronto in posizione di forza: in alternativa all'intesa ci sarebbero comunque gli effetti bipartitici del referendum, con il pronunciamento della Consulta a metà settimana che tutti si attendono di ammissione. Ma intanto, mentre martedì al Senato riprende anche il faticoso cammino della bozza Bianco, a tenere banco oggi è soprattutto uno dei paletti posti da Berlusconi per il via libera alle riforme.
Oltre a dire che quello francese è un buon modello e bocciare quello tedesco, il Cavaliere spiega che il frazionamento va combattuto con uno sbarramento assolutamente superiore al 5 per cento e avverte: "Non potremmo trattare con forze politiche che mettessero in atto una decisione criminale come il disegno di legge Gentiloni".
Una voce dal sen fuggita? A sentire Sandro Bondi parrebbe di no. "E' vicino l'accordo sulla legge elettorale con l'opposizione - denuncia infatti poco dopo il coordinatore azzurro - ma chi lo vuole non può allo stesso tempo volerne colpire il leader. Questo è nella testa non delle forze più responsabili della maggioranza ma di Romano Prodi, che vuol far saltare l'intesa". Romano Prodi insomma, alla testa dei piccoli, vorrebbe affossare l'accordo e per questo proprio Palazzo Chigi avrebbe fatto riferimento alla riforma del conflitto di interessi.
Il portavoce di Silvio Berlusconi Paolo Bonaiuti smussa: "Nel tentativo di dare al nostro Paese un sistema di voto ampiamente condiviso, nessuno ha mai tirato né tirerà in ballo il progetto anti-Mediaset del ministro Gentiloni, che rimane un obbrobrio giuridico e un'operazione distruttiva". Ma intanto per il Pd aveva parlato il vice di Walter Veltroni, Dario Franceschini: "Non ci può essere nessuno scambio tra le cose che ci siamo impegnati a fare per il Paese" e tra queste la riforma Gentiloni "e il dialogo sulla legge elettorale". "Continueremo, mentre dialoghiamo sulle regole con l'opposizione - aveva chiarito Franceschini - ad impegnarci per attuare il programma di governo, che come è noto prevede la riforma Gentiloni".
Parole necessarie a sedare la ribellione nell'Unione, dove le parole di Berlusconi erano state definite un diktat inaccettabile mentre la sinistra, con un tam-tam telefonico, si accordava per chiedere la immediata calendarizzazione del conflitto di interessi. "Non si può pensare di riscrivere la legge elettorale senza Berlusconi, senza il partito che con il nostro è il più grande d'Italia" aveva detto al mattino il leader del Pd Walter Veltroni. Ma dopo le parole del Cavaliere, erano in molti a parlare di "ricatto" (Barbi e Monaco, Pd; Angius, Socialisti), mentre i Verdi, con Angelo Bonelli, pretendevano che fosse "subito approvata la Gentiloni" e il Pdci, con Pino Sgobio, diceva "basta agli inciuci". "La legge televisiva - chiariva a sera lo stesso ministro per le Comunicazioni Paolo Gentiloni .- deve andare avanti, così l'intesa sulla legge elettorale, ma su piani ben distinti".
Alleanza Nazionale intanto, si mostrava soddisfatta del ritrovato feeling con Silvio Berlusconi sul no al sistema tedesco e sul sì a quello semipresidenziale francese. "Intervento doppiamente positivo", elogiava Gianfranco Fini, mettendo in agenda un incontro con il Cavaliere sulla legge elettorale già per i prossimi giorni.
Attenzione non sto dicendo di santificare Berlusconi, ma solo che se cade Mediaset, qui si torna alle sole 3 reti RAI, che impinguano le tasche dei partiti. Ogni partito deve sapersi reggere da sé, senza "grattare" soldi alla collettività!
Partecipate alle petizioni anti RAI e anti Telecom, è l'unico modo per far sentire la voce collettiva!