(dell'inviato Cristiano Del Riccio)
GERUSALEMME - Con l'America impegnata nella scelta del suo successore, un presidente George W. Bush dai mesi contati apre il suo ultimo anno alla Casa Bianca con un ambizioso viaggio in Medio Oriente nel tentativo di raggiungere uno storico accordo di pace tra israeliani e palestinesi. E' un viaggio che nasce tra tensioni ad ampio raggio: dagli attentati in Libano al nuovo inasprimento dei rapporti tra Washington e Teheran per le provocazioni nello stretto di Hormuz (la Casa Bianca ha ammonito l'Iran "a non ricominciare").
In tutto questo c'é almeno uno spiraglio positivo: il premier israeliano Ehud Olmert ed il presidente palestinese Abu Mazen hanno dato oggi via libera, dopo un colloquio, ai negoziati per giungere a un accordo.
Il viaggio di nove giorni di Bush in Medio Oriente si apre oggi a Gerusalemme con una prima serie di incontri con il premier israeliano Olmert e col presidente Shimon Peres seguiti domani in Cisgiordania da un incontro col presidente dell'Anp Mahmud Abbas (Abu Mazen).
Il viaggio di Bush in Medio Oriente - che proseguirà con tappe in altri cinque paesi arabi: Kuwait, Bahrein, Abu Dhabi, Arabia Saudita ed Egitto, e forse con una inattesa tappa in Iraq, è il viaggio di un presidente che ha fretta: il suo orologio avanza rapidamente e i risultati devono essere ottenuti rapidamente per giungere allo storico traguardo di un accordo di pace "entro il 2008" come israeliani e palestinesi si sono impegnati a fare, sotto la forte pressione degli Usa, alla conferenza di Annapolis di fine novembre.
"Non possiamo imporre la pace, possiamo solo agevolarla", continua a ripetere il presidente Bush, che dopo avere disdegnato per sette anni la diplomazia personale (criticando il suo predecessore Bill Clinton per avere danneggiato il prestigio della presidenza Usa entrando troppo presto personalmente nella mediazione) sta seguendo esattamente lo stesso percorso. "Desidero incoraggiare il premier israeliano ed il presidente palestinese nel procedere sul sentiero dei negoziati di pace che hanno imboccato ad Annapolis - ha detto Bush alla vigilia del viaggio - E' una strada difficile che comporta dure scelte su complessi problemi. Ma sono ottimista sulle possibilità di successo".
Bush vede il suo ruolo centrato sul fornire assistenza ad entrambe le parti - garantendo sicurezza ad Israele ed assistenza economica ai palestinesi - per realizzare la visione di "due stati che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza". Un traguardo che può essere raggiunto solo con la cooperazione dei paesi arabi della regione. Bush ha già conseguito un primo successo riuscendo a portare ad Annapolis gran parte dei protagonisti della complessa partita medio orientale (compresi gli scettici sauditi e i diffidenti siriani) lasciando fuori solo gli iraniani. E la seconda parte dell'ambizioso viaggio in Medio Oriente di Bush ha lo scopo dichiarato, oltre che sollecitare il sostegno degli alleati arabi al negoziato di pace tra israeliani e palestinesi, di rafforzare la cooperazione con gli Stati Uniti sul fronte della lotta all'estremismo e al terrorismo e, in particolare, a trovare contromisure alla aggressività di Teheran.
La missione di Bush è stata resa più difficile dalla pubblicazione di un rapporto dell'intelligence Usa che mostra che l'Iran ha rinunciato da anni a perseguire la produzione di armi nucleari. Un rapporto che ha creato perplessità tra gli alleati arabi degli Usa. Il tentativo di Bush di chiudere il suo mandato alla Casa Bianca con uno storico successo di pace, dopo un mandato caratterizzato soprattutto dalle guerre (terrorismo, Afghanistan, Iraq), è reso ancora più complesso dalla debolezza della posizione dei protagonisti della impresa. A cominciare dallo stesso Bush che vede diminuire la sua capacità negoziale con il progredire dei mesi e l'avvicinarsi della partenza dalla Casa Bianca (diventando sempre più 'anatra zoppa'). Per proseguire col debolissimo Abu Mazen, che controlla solo una parte dei territori palestinesi (in un perenne braccio di ferro con Hamas). Per finire col premier israeliano Olmert, debole sul fronte interno ed accusato di voler fare troppe concessioni ai palestinesi. Ma è proprio la somma di queste tre debolezze ad avere schiuso la porta alla possibilità di uno storico accordo di pace: ognuno dei tre protagonisti, per motivi diversi, ha bisogno di un successo. E la storia insegna che le vie della pace possono essere infinite.
fonte ansa http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_15236414.html