Contrordine, colleghi deputati: quest'anno lo stipendio non si taglia. Meglio: l'aumento in busta paga, congelato nel 2007, nel 2008 ci sarà regolarmente. Alla faccia del contenimento dei costi della politica. Tutta colpa, si giustificano a Montecitorio, della mancata parità di trattamento rispetto ai senatori. A Palazzo Madama, infatti, non hanno mai rinunciato all'incremento dell'indennità dovuto all'automatico adeguamento della busta paga dei parlamentari a quella dei presidenti della Corte di Cassazione. Così per evitare di mandare a regime una sperequazione mai digerita (la Finanziaria per il 2008 ha bloccato l'aumento delle indennità di deputati e senatori per i prossimi cinque anni), la Camera sta pensando di fare a sua volta dietrofront. Restituendo ai suoi 630 inquilini quei duecento euro lordi mensili (127 al netto delle tasse) cui avevano rinunciato nel 2007. A rimetterci, però, saranno le casse pubbliche, visto che Montecitorio sarà costretto a sborsare oltre un milione e mezzo di euro in più. Insorge l'Italia dei Valori: «Pronti a batterci contro gli aumenti in ufficio di presidenza. E An, con la quale abbiamo presentato una proposta di legge sul contenimento dei costi della politica, ci segua».
VIRTUOSI A GETTONE
E dire che lo scorso anno i deputati avevano sbandierato ai quattro venti il loro "sacrificio": rispedire al mittente, in nome della morigeratezza della politica, l'aumento dovuto al parallelo scatto delle retribuzioni dei presidenti di sezione della Cassazione, alle quali sono legati gli stipendi dei parlamentari. Cosa che non hanno fatto, invece, i loro colleghi di Palazzo Madama. Al Senato non ne hanno voluto sapere e si sono trincerati dietro l'articolo 69 della Costituzione, secondo cui «i membri del Parlamento ricevono un'indennità stabilita dalla legge». E la legge che disciplina gli stipendi di deputati e senatori collegandoli a quelli dei giudici della Suprema Corte, ha spiegato la presidenza del Senato, risale al 1965 e quindi per cambiare gli importi destinati ai parlamentari bisogna prima correggere la normativa. Fine delle discussioni. Conclusione: i senatori hanno goduto di un aumento pari a 200 euro lordi al mese che ha portato la loro indennità a quota 5.613,59 euro. Più alta dei deputati, che invece a quei soldi hanno detto «no», di 127 euro.
Ad ingarbugliare ancora di più le cose, ricorda il Sole 24 Ore, ci si è messo poi il blocco delle stesse indennità parlamentari disposto dalla Finanziaria per i prossimi cinque anni. Moratoria, fanno notare a Montecitorio, che avrebbe di fatto cristallizzato una situazione di disparità tra le due Camere. Aprendo la porta a possibili ricorsi da parte dei deputati interessati a colmare il divario economico con i senatori.
EVITARE CONTENZIOSI
I tecnici hanno già messo sull'avviso Bertinotti: di fronte alla legge non c'è desiderio di abbattere la casta che tenga. Nel senso che norme alla mano a un deputato, o anche ad un ex il cui vitalizio è legato all'indennità, basterebbe poco per mandare al tappeto Montecitorio e obbligarlo al rimborso. Da qui la necessità di un intervento riparatore da parte della Camera.
La patata bollente è adesso nelle mani del suo presidente, Fausto Bertinotti. L'ex segretario di Rifondazione comunista ha davanti a sé tre strade: rischiare eventuali ricorsi confermando la rinuncia all'aumento; sbloccare l'aumento a partire dal 2008, ma lasciando agli atti quello del 2007; consegnare ai deputati l'incremento per il 2008 e restituirgli anche gli arretrati del 2007. Una volta che il presidente della Camera avrà fatto la sua scelta, in ogni caso, la palla passerà all'ufficio di presidenza di Montecitorio che dovrà ufficializzare il tutto. Era stato lo stesso ufficio di presidenza, infatti, a congelare gli stipendi dei deputati. «La decisione spetta a noi», conferma Silvana Mura, che per l'Italia dei Valori in quell'organo ricopre la carica di segretario. I dipie-tristi promettono battaglia: «Poco più di 1.500 euro netti all'anno non ci cambiano la vita. È ora che i politici predichino bene e razzolino meglio».
L'OFFERTA AD AN
L'Italia dei Valori, che aveva proposto di anticipare il congelamento delle indennità parlamentari al 1° gennaio 2007, chiede aiuto ad Alleanza nazionale. «Insieme abbiamo presentato una proposta di legge sul contenimento dei costi della politica», ricorda Mura, «e visto che noi diremo no a qualsiasi aumento, sarebbe opportuno che anche An fosse coerente con quella impostazione». Il partito di Antonio Di Pietro non teme i ricorsi dei deputati. «Sfidiamo i parlamentari a presentarli», attacca l'esponente dell'Idv, «ma in quel caso ci batteremmo affinché l'identità di chi rivuole indietro i soldi sia resa pubblica». Quanto alla mancata equiparazione dello stipendio dei deputati a quello dei senatori, Mura non ne fa un dramma. «Anzi», aggiunge, «questo sarebbe un modo per spingere anche Palazzo Madama a fare altrettanto».