WASHINGTON - I missili intercettori sono pronti e in posizione di lancio in una base aerea in California. I radar sono operativi in Alaska e in altre località lungo la costa americana del Pacifico. Se una qualche minaccia nucleare dovesse arrivare dall'Asia, l'America è pronta: dopo l'ennesimo test positivo, il Pentagono ha dichiarato operativo il controverso scudo antimissile che l'amministrazione Bush vorrebbe installare anche in Europa.
"Sono assolutamente fiducioso sul fatto che abbiamo tutti i pezzi pronti al loro posto e, se la Nazione ce lo chiederà, siamo pronti a rispondere": parola del generale Victor Renuart, l'ufficiale che ha la responsabilità di difendere gli Usa da un attacco esterno, come comandante del Northern Command del Pentagono. Lasciando per qualche giorno i bunker nella base di Colorado Springs dalla quale controlla i cieli d'America, il generale si è trasferito a Washington per riferire i risultati dell'ultimo test dell'innovativo sistema antimissile e per annunciare che lo si può ormai considerare operativo.
Proprio mentre accelera l'iter per il disarmo nucleare della Corea del Nord, gli Usa mandano un segnale a Pyongyang (ma anche alla Cina): se Kim Jong-il cambiasse idea e tornasse a sventolare lo spettro dei suoi missili a testata nucleare, sappia che l'ombrello difensivo americano è completo e la minaccia è quindi in buona parte disinnescata. Lo stesso messaggio l'amministrazione Bush intende farlo arrivare a Teheran, quando nelle prossime settimane il capo del Pentagono Robert Gates e il segretario di Stato Condoleezza Rice si recheranno a Mosca per cercare di convincere i russi a ritirare la loro opposizione allo scudo europeo. Per gli inviati del presidente George W.Bush, ci sarà ora un'obiezione in meno da affrontare da parte degli alleati europei.
"Una delle reazioni che ricevo più spesso, parlando con gli europei e con i partner della Nato - ha detto il generale Henry Obering, comandante della Missile Defense Agency (MDA, l'agenzia missilistica del Pentagono) - è che l'efficacia del nostro sistema non è provata. Adesso abbiamo risposto". Lo scorso fine settimana, nell'ultimo test di questo genere realizzato dal ministero della Difesa americano, un missile 'nemico' è stato lanciato dall'isola Kodiak, in Alaska. I radar della Beale Air Force Base di Sacramento, in California, e quelli modello 'Spy-1' a bordo di navi della classe Aegis nel Pacifico, lo hanno individuato e seguito per 24 minuti. Poi, dalla base aerea californiana Vanderberg, nei pressi di Santa Barbara, è partito l'intercettore, che ha centrato il bersaglio e lo ha disintegrato sul Pacifico.
I critici del sistema di difesa non hanno mancato però di sottolineare che il Pentagono continua a eseguire test che prevedono solo il lancio di un missile avversario, senza utilizzare 'falsi bersagli' che con ogni probabilità verrebbero invece lanciati da un nemico per disorientare i radar americani. "Riteniamo che il sistema sia in grado di far fronte in futuro anche a minacce più complesse", ha detto il generale Obering, preannunciando che il prossimo test, previsto nella prima metà del 2008, metterà alla prova anche la capacità del sistema antimissile di distinguere tra una testata nucleare e oggetti come palloni aerostatici e pezzi di metallo che potrebbero venir utilizzati per mascherare un attacco. Il successo dei giorni scorsi è il sesto su nove test condotti dal 2001 ad oggi. Il piano di difesa antimissile, un programma da 100 miliardi di dollari, è lo sviluppo del progetto di 'Guerre Stellari' lanciato nel 1983 dall'allora presidente Ronald Reagan. Ma a differenza del sistema ipotizzato vent'anni fa, prevede missili e radar in gran parte basati a terra o su navi, mentre l'aspetto 'spaziale' è ridotto a una funzione di supporto.
fonte ansa (http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/approfondimenti/visualizza_new.html_95485674.html)