il pc sarà come il tostapane

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il pc sarà come il tostapane

Messaggiodi Aragorn il 27 ago 2007, 19:28

l computer sarà come un tostapane
Sfida sulla semplificazione: continua il duello tra Jobs e Gates Nuovi modelli e lavori: stili di vita digitali e information worker

MILANO — Finiremo così: tutti rapati con in testa un «braincap», una calotta che fa da interfaccia in grado di immettere o scaricare direttamente le informazioni dal cervello collegandolo a un computer. Sir Arthur C. Clarke l’aveva previsto in 3001: l’odissea finale. «Il traguardo ultimo dei dispositivi input-output sarà la possibilità di scavalcare tutti i sensi dell’organismo umano e inviare segnali direttamente nel cervello». O forse riusciremo a salvare le chiome, e per questo dovremo ringraziare soprattutto Steve Jobs e Bill Gates—più il primo del secondo, per la verità—che hanno reso i computer e la tecnologia più facili da usare e più accessibili. Negli ultimi trent’anni, l’Information Technology ha svolto un ruolo fondamentale nel creare le condizioni di un cambiamento sociale e culturale. Il mondo è diventato ogni giorno più interconnesso grazie a sistemi e reti. Con il Web 2.0 siamo diventati i terminali e i produttori di informazioni che viaggiano in tutte le direzioni nel mondo globalizzato. Questo «sovraccarico di informazioni », l’immenso volume di dati e la complessità delle applicazioni richieste per lavorarli, minacciano di sopraffare le facoltà umane. La crescita delle tecnologie digitali ha creato una nuova classe di lavoratori: gli «Information Worker».
Oggi—professionisti, dipendenti, manager, impiegati di banca o statali, medici o ingegneri— siamo tutti impegnati a fare funzionare questo flusso, che ci sottrae parte del nostro tempo lavorativo, relegando a un piccolo spazio l’attività a elevato valore aggiunto. Parallelamente a questa nuova classe di lavoratori si è sviluppato un nuovo stile di vita: il «Digital Lifestyle», il nostro modo di utilizzare gli strumenti digitali nella vita quotidiana, per i rapporti sociali, lo svago, il tempo libero. Uno stile acquisito con fatica dalle generazioni più vecchie, ma assolutamente naturale per la «net generation», i ragazzi cresciuti con cellulare, posta elettronica e videogiochi. La combinazione di queste due realtà fa si che spesso si arrivi a fine giornata esausti, con la sensazione di aver fatto mille cose ma di non aver concluso nulla. Ecco perché la sfida dell’innovazione tecnologica nei prossimi 10 anni si combatterà su due fronti: la convergenza (la possibilità cioè di fare tutto con un unico strumento, in mobilità e da postazione fissa) e, soprattutto, la semplificazione (la facilità d’uso degli strumenti) e l’automatizzazione delle attività che, grazie ad «agenti intelligenti», ci faranno risparmiare tempo prezioso. Nel mondo tecnologicamente complicato di oggi le persone cercano soprattutto la semplicità, di ridurre al minimo la complessità sempre più messa a dura prova da comandi e istruzioni dei nuovi strumenti digitali.
«I computer del futuro dovrebbero assomigliare ai tostapane», ha sostenuto provocatoriamente John Maeda, classe 1966, docente al Mit e profeta della semplicità, cui ha dedicato un libro (Le leggi della semplicità, Bruno Mondatori 2006). Le ricerche vanno sempre più «verso una simbiosi uomo- macchina, la sfida dei prossimi anni è proprio quella di eliminare ogni mediazione, ogni interfaccia». In futuro i computer comunicheranno direttamente con il nostro cervello, saranno controllati senza intervento manuale, ma con lo sguardo o con la forza del pensiero o con protesi tecnologiche inserite nel corpo umano. Negli ultimi 30 anni, questa rivoluzione che chiamiamo «Digital lifestyle» ha avuto due condottieri: Steve Jobs e Bill Gates. Loro, più di ogni altro, hanno cambiato la nostra vita, il nostro modo di lavorare, di studiare, di informarci, di divertirci e, in qualche modo, di pensare. Anche loro sono cambiati. Gates, a lungo dipinto su forum e blog come il «diavolo secchione», ha perso l’aura del maligno da quando il potere del mondo digitale si è trasferito dai pc a internet con nuovi attori, soprattutto Google, nel ruolo di «re pigliatutto». Jobs, dopo le alterne vicende (cacciata dalla sua Apple nel 1985 e trionfale ritorno nel 1997), con i capelli bianchi ha perso un po’ della sua proverbiale strafottenza. In oltre trent’anni (la Microsoft è del 1975, la Apple del 1976) i due si sono amati, odiati e poi di nuovo amati, a seconda delle alterne vicende. Hanno creato due tribù: quelli caduti nella rete di Windows e incapaci di cambiare, e quelli per cui non esiste altra tecnologia al di fuori di Apple.
Eppure hanno in comune molto più di quanto non siano disposti ad ammettere pubblicamente. È vero, non si sono risparmiati rasoiate: «Auguro a Bill ogni bene. Davvero. Penso solo che ha le vedute un po’ ristrette. Sarebbe stato più aperto se da ragazzo avesse provato una volta l’Lsd o fosse andato ameditare in India» (1997). «La moda dell’iPod finirà presto!», fu la profezia, errata, di Gates quando nel 2001 venne lanciato il lettore della Apple destinato a rivoluzionare il consumo musicale come racconta Steven Levy nel libro The perfect thing. Ma l’universo creato da Bill Gates è popolato da 845 milioni di pc che contengono una versione del sistema operativo Windows prodotto dalla Microsoft: «Niente potrà mai eguagliare l’avere creato il mondo dei personal computer». Nessun uomo è diventato così ricco partendo da zero. Un tempo non avrebbe mai ammesso i suoi limiti, ma adesso a 52 anni, pronto a staccare la spina nel luglio 2008 per dedicarsi alla fondazione Bill & Melinda Gates, si è ammorbidito: «Mi piacerebbe avere il gusto di Steve Jobs», ha ammesso in un incontro pubblico con il rivale nel maggio scorso. «Io guardo ai prodotti come un ingegnere: la mia mente funziona così. Lui, invece, prende decisioni basate su una comprensione del gusto della gente che perme è perfino difficile spiegare. Steve fa le cose in modo diverso, c’è della magia nel suo modo di lavorare».
Nessuno può vantare così tanti «colpi» con prodotti diversi come Steve Jobs: dal suo primo computer del 1977 all’iPhone (il cui successo è però ancora incerto) ha sempre dimostrato l’importanza di progettare prodotti in base alle esigenze degli utenti e non della tecnologia. Per questo oggi è disposto a riconoscere che l’amico- rivale Bill «ha costruito una software company prima che tutti noi riuscissimo a capire cosa fosse un software». Ma la sfida è tutt’altro che finita. Nei prossimi 10 anni dobbiamo attenderci computer e prodotti tecnologici sempre più «umanizzati» in grado di capirci, risponderci, intuire e anticipare i nostri ordini. Le macchine saranno in grado di lavorare in parallelo, cioè di organizzare diversi processi nello stesso momento, come gli uomini. Allora cliccare o battere i tasti sarà solo un ricordo. E, forse, sapremo chi dei due sarà ricordato come l’uomo più importante nella storia delle tecnologie dell’informazione.

fonte: corsera


«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,

le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»

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