Arrestata una delle menti del 21/7 a ROMA!!!!!!

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Arrestata una delle menti del 21/7 a ROMA!!!!!!

Messaggiodi Aragorn il 30 lug 2005, 11:13

ROMA - La cantina di Londra, il capo Muktar, le cassette con le donne e i bambini iracheni uccisi. Nasce così "l'odio" per i soldati americani e inglesi. E in quel sottoscala prendono forma le bombe che "dovevano seminare terrore ma non uccidere". Le bombe di Londra del 21 luglio, quelle inesplose "perché era preventivato che fossero solo dimostrative".

Confessare. Dire tutto quello che sa. Soprattutto che non stava organizzando un attentato in Italia. E' il primo pensiero che attraversa la testa di Osman Hussain quando ieri pomeriggio si trova davanti i caschi, i mephisto e i mitra dei reparti speciali dei Nocs. Il giovanotto di 27 anni originario del Corno d'Africa, prima somalo, poi eritreo ma forse etiope, alza subito le mani, si arrende e comincia subito a parlare. Tra lo stupore dei poliziotti, usando anche un buon italiano. Ha vissuto a Roma cinque anni, Osman, tutta la sua adolescenza di ragazzino in fuga dalla miseria e dalle carestie del Corno d'Africa e arrivato in Italia come rifugiato politico grazie a un falso passaporto somalo. L'ultima volta c'è stato nove anni fa.

Quello che a tarda notte resta nelle decine di pagine del verbale che Osman ha firmato davanti ai magistrati della procura di Roma Franco Ionta e Pietro Saviotti è il ritratto di "un terrorista fai-da-te che cerca la fuga ad ogni costo". Un ritratto agghiacciante perché come si è organizzata in un sottoscala la cellula di Osman, altrettanto può fare chiunque e in ogni angolo d'Italia e dell'Occidente. "Significa - riflette l'investigatore - che sono disseminate in giro decine e decine di bombe ad orologeria che possono esplodere in qualsiasi momento".

L'interrogatorio inizia alle otto di sera negli uffici della Digos al secondo piano della questura di Roma in via San Vitale. Ma si blocca poco dopo per una questione procedurale, di non poco conto, sul tipo di arresto che deve essere applicato. Ci sono tre possibilità. L'arresto per l'estradizione, visto che Scotland Yard ha già chiarito di volere il prima possibile il quarto attentatore sotto la propria giurisdizione. La procura di Roma può procedere per strage per la morte di Benedetta Ciaccia uccisa nella tube di Londra il 7 luglio, e quindi trattenere in Italia Osman Hussain, ma questo è possibile solo se è coinvolto anche in quelle bombe. La terza ipotesi è l'arresto per il reato di terrorismo internazionale. A tarda notte la questione non è stata ancora risolta.

Il racconto di Osman parte da qualche mese fa, a Londra, quartiere di Notting Hill, quando "Muktar, il nostro capo, ci dice che ha del materiale da mostrarci che però bisogna fare attenzione e non dire una parola a nessuno". Said Ibrahim Muktar è l'attentatore che doveva far saltare il bus numero 26. Nelle foto mostrate da Scotland Yard è quello che indossa lo zuccotto bianco di cotone, sembra il più robusto dei quattro. Sarebbe l'ideatore e il regista della cellula. La cantina è un sottoscala di Notting Hill. Qui Muktar chiama a raccolta Osman, Mohammed, Yassin Hassam e altri, tutti musulmani, tutti cittadini britannici, tutti che ormai, tra sussidi e lavoretti part-time, ce l'hanno fatta a sopravvivere nel Londonistan inglese.
"Più che pregare si discuteva - racconta Osman - lavoro, politica, la guerra in Iraq. Muktar aveva sempre dei nuovi filmati sulla guerra in Iraq. A noi mostrava soprattutto quelli in cui si vedono donne e bambini uccisi e sterminati dai soldati inglesi e americani, oppure vedove, madri e figlie che piangono". Non parla di Al Qaeda, di Bin Laden e dei suoi luogotenenti, della rete. "Non abbiamo mai avuto contatti con l'organizzazione di Bin Laden, sappiamo che esiste, abbiamo accesso ai suoi programmi tramite Internet, ma nulla di diretto". E' il passaggio che inquieta maggiormente gli investigatori perché evoca azioni spontanee e gesti emulativi. Perché mette nero su bianco la facilità con cui può nascere una cellula e la conseguente impossibilità di intercettarla.

L'odio nel sottoscala di Notting Hill cresce nei giorni insieme alla "convinzione politica che è necessario dare una segnale, fare qualcosa". Il 7 luglio, secondo il racconto di Osman, li prende di sorpresa. "Non abbiamo nessun legame con i pakistani" ripete il giovane. Però il 7 luglio è il segnale che anche loro possono entrare in azione e agire. "Il nostro capo - spiega Osman - ci ha insegnato anche a confezionare esplosivi mescolando fertilizzanti". E' un gioco da ragazzi prendere gli zaini, riempirli di polvere esplosiva e regolarli con un timer. "Non volevamo uccidere, solo seminare terrore" ripete.

Poi la fuga. "Sono arrivato qua solo perché non sapevo dove andare, perché qui avrei trovato un posto e degli amici. Avrei fatto passare un po' di tempo e sarei andato altrove". L'Italia e Roma solo una tappa della sua fuga. "Non sono a conoscenza di progetti di attentati in Italia", giura il giovanotto del Corno d'Africa. Nella palazzina color ocra lungo la Casilina la polizia non ha trovato neppure un grammo di esplosivo. Ma ci sono ancora troppe domande a cui Osman deve dare una risposta. Gli investigatori sono convinti che se avessero avuto un po' più di tempo, se avessero potuto tenere nascosta per qualche ora la notizia dell'arresto, avrebbero potuto cercare meglio e con più calma. E' notte quando in questura arrivano altri cittadini stranieri, tutti amici e conoscenti dell'aspirante attentatore.



FONTE: repubblica.it


«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,

le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»

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