LONDRA — I robot domineranno il mondo? Forse non nell’immediato futuro, ma si apprestano a conquistare la sala operatoria. Alcune delle storie finora confinate nei romanzi di fantascienza e nei manga stanno per diventare realtà. Una decina di robot ideati per assistere medici e infermieri, alcuni dei quali made in Italy, verranno esibiti da domani fino al 23 dicembre al Royal College of Surgeons nella mostra «Sci-Fi surgery: medical robots» (chirurgia fantascientifica: robot medici). «Molti sono ancora dei prototipi, ma potrebbero essere in uso negli ospedali entro cinque anni», spiega la dottoressa Arianna Menciassi, professore associato di Robotica biomedica alla Scuola superiore Sant’anna di Pisa.
Non hanno il rassicurante aspetto umano del Dottore-ologramma che viaggia sulla Voyager in Star Trek. Anzi, assomigliano a vermi che strisciano e nuotano nell’organismo. È il caso dei robot-pillola che vengono inghiottiti dal paziente e poi guidati all’interno del suo corpo attraverso un telecomando. «Il design di molti mini e microbots si ispira allo strisciare dei vermi, ai rapidi movimenti degli insetti o ai movimenti natatori dei batteri», ha spiegato Menciassi che ha portato due prototipi finanziati dalla Comunità europea e da enti coreani. Uno si chiama Ares-Araknes (Ares è un anagramma in inglese che significa «Sistema robotico riconfigurabile per chirurgia interna»). È formato da 15 moduli che vengono inghiottiti ad uno ad uno dal paziente e poi si assemblano all’interno dell’organismo. Il mini-transformer dovrebbe svolgere le operazioni chirurgiche dall’interno nello stomaco e nell’intestino, in modo da non dover «aprire» il paziente, risparmiargli sofferenze e ridurre i tempi di degenza. Altro prototipo italiano: le capsule endoscopiche. Una «nuota» nello stomaco, l’altra si muove nell’intestino. «Ci siamo ispirati al mondo della biologia perché i vermi hanno sistemi di locomozione adatti ad ambienti non strutturati e scivolosi, dunque sono perfetti per il corpo umano », spiega la Menciassi.
Problema: i prototipi sono ancora un po’ troppo grandi. Ogni capsula misura 2 centimetri cubi. «Difficile persuadere qualcuno a inghiottirne 15», scherza il portavoce del museo Matthew Worrall. «Esistono già capsule endoscopiche in commercio. Per sviluppare la locomozione attiva i tempi sono di un paio d’anni», dice la dottoressa. «Quanto ad Ares, ce ne vogliono quattro o cinque». Nel thriller del 1966 «Viaggio allucinante» (e romanzo di Isaac Asimov), un mini-sottomarino veniva iniettato nel corpo di un paziente. Attraversato il cuore, i capillari, il polmone, la pleura, i vasi linfatici e l’orecchio, arrivava al cervello per eliminare un embolo in 60 minuti. I prototipi in mostra a Londra potrebbero rendere questa fantasia realtà — solo che a bordo non ci saranno un pugno di uomini e un’affascinante ragazza. La mostra renderà dunque omaggio alla fantascienza che ha ispirato la medicina. Oltre ai prototipi, verranno mostrati robot già funzionanti negli ospedali: come il Probot, usato per operare pazienti con cancro alla prostata, l’Acrobat, che aiuta nella sostituzione protesica del ginocchio, dove serve estrema precisione. I robot possono aiutare a fare cose prima impossibili all’uomo, come operare il cuore sincronizzandosi con il battito cardiaco, spiega Worrall. Il «Da Vinci», costituito da monitor con braccia robotiche controllate da un chirurgo, è già in uso in Gran Bretagna. In mostra c’è anche il robot-badante RI-MAN, prototipo giapponese che solleva e trasporta i pazienti. In realtà, lo scopo non è di sostituire medici e infermieri, ma di aiutarli. Ma anche in Star Trek, il dottore olografico viene attivato come programma di emergenza, ma quando l’intera squadra medica della Voyager muore, il capitano si vede costretto a rendere la qualifica da temporanea a definitiva.
http://www.corriere.it/salute/09_settembre_07/micro_robot_chirurghi_9c410334-9b83-11de-88f0-00144f02aabc.shtml