Pd: fuoco amico sul reggente Franceschini, sondaggio choc dell'Unità
Roma, 20 feb (Velino) - Fuoco amico sul reggente: mentre il gruppo dirigente tesse la tela per portare Dario Franceschini alla guida del Pd, cresce il fronte di quelli che invocano le primarie subito e la scelta di un nuovo, e vero, leader da compiere al più presto. Perfino i giornali vicini al partito sparano a zero su “Re Franceschiniello” come titola oggi “Il Riformista” che cavalca la protesta contro il patto fra i leader in favore dell’esponente ex margheritino e dà ampio spazio a chi cerca di “resistere, resistere, resistere” all’ipotesi di una reggenza. Come Enrico Morando, fedelissimo di Walter Veltroni, e Roberto Gualtieri, dalemiano doc, che concordano su un punto: “Serve il congresso, il tempo c’è”. Aggiunge Morando: “Non avremmo credibilità con un leader provvisorio”, mentre Gualtieri invoca “una svolta politica profonda”. Insomma: l’effetto dell’endorsement di Veltroni per il suo vice è durato lo spazio di un giorno se anche i veltroniani lo hanno mollato. Alle parole di Morando fanno eco quelle del senatore Stefano Ceccanti che replica senza mezzi termini a quanti nel partito chiamano in causa il fattore tempo per escludere l’ipotesi di assise anticipate e di primarie immediate: “Tutte balle”. E sulla stessa linea Giorgio Tonini.
Ma a finire nel mirino è solo il “leader a tempo determinato”: “il Riformista” va oltre e non risparmia una stoccata al segretario dimissionario Walter Veltroni che nelle foto che lo ritraggono nel suo primo giorno da deputato “semplice” se la ride con i colleghi: “Ma che c’è da ridere?” incalza il giornale di Antonio Polito secondo cui mentre nelle Aule la tensione si scioglie nell’affetto e nel cameratismo, diverso è il clima che si vive fra i militanti del Pd “mesti, allarmati, talvolta disperati”. E con l’ex sindaco della Capitale se la prende perfino l’Unità che si concentra sulle reali motivazioni della sua uscita di scena: che cosa ha spinto il segretario Walter Veltroni ad andarsene? Il mandato, è vero, è stato rimesso nel giorno del tracollo alle regionali in Sardegna. Ma basta questa sconfitta, per la verità l’ultima di una serie, a mettere in discussione la leadership di un partito? È il quotidiano di Concita De Gregorio ad avanzare, in un retroscena pubblicato oggi, un’ipotesi sul “quello che viene definito il vero motivo delle dimissioni”: un sondaggio riservato della Swg effettuato la prima settimana di febbraio, che era da alcuni giorni sulle scrivanie dei piani nobili del Nazzareno. E che alla sezione “Intenzioni di voto”, “presenta un dato che deve aver provocato non poche fibrillazioni al quartier generale dei Democratici”: Pd 22 per cento, Italia dei valori 14 per cento. Si chiariscono così, si legge ancora, le parole sibilline che l’ex presidente del Senato Franco Marini ha affidato al “Corriere della sera”. Secondo Marini “non si può considerare il voto sardo, che ha anche connotazioni locali precise, un fatto tanto grave da rendere necessarie le dimissioni del segretario”. E dunque? Il quotidiano fondato da Antonio Gramsci non ha dubbi e titola: a condizionare le scelte “La grande paura nell’ultimo sondaggio” e nel sottotiolo spiega: “Stava sul tavolo di Veltroni da giorni. Anche questo lo spinto a decidere in fretta. Ma il partito non l’ha presa bene”.