Criticava la macellazione islamica: la Bardot condannata per razzismo.
di Andrea Morigi
Tutto l’orrendo crimine commesso da Brigitte Bardot consiste in una frase scritta a Nicolas Sarkozy: «Sono stufa di essere presa in giro da tutta questa gente che ci distrugge, distrugge il nostro Paese imponendo le sue pratiche».Riferita ai musulmani, benché nella Nazione che ha proclamato per seconda la Dichiarazione sui diritti dell’uomo e del cittadino, un’opinione può costare anche la galera. Infatti il 15 aprile scorso l’accusa aveva chiesto per l’ex attrice una condanna a due mesi di reclusione. È finita con una multa da 15mila euro, ma è già la quinta in otto anni in barba alla laicità delle istituzioni e al motto «Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire», del loro principale ispiratore, François-Marie Arouet, detto Voltaire. Forse pensando ai tribunali della Rivoluzione francese, che mandavano a morte i reazionari, un giudice di Parigi ha emesso nei confronti della 73enne paladina dei diritti degli animali una condanna penale per incitamento all’odio razziale. E sorge il sospetto che i Parigi si sia piegata alla dhimmitude da cui ci ha messo in guardia la scrittrice Bat Ye’or. Quel che la Bardot ha scritto riguarda la festa musulmana dell’Aid al Adha e la conseguente pratica di sgozzamento dei montoni. Argomenti e affermazioni che possono anche, legittimamente, suscitare indifferenza. Magari perfino simpatia verso chi segue il rituale per convinzione religiosa in ricordo di Abramo, pronto a offrire il proprio figlio Isacco a Dio, ma dall’Onnipotente stesso, per mezzo di un angelo, sollevato da un tale atto di sovrumana obbedienza. In fondo il racconto biblico, riportato più tardi anche dal Corano, termina con un lieto fine: invece che a un ragazzo, “si fa la festa” a un agnello. Ebrei e musulmani, che nell’episodio non vedono l’annuncio del sacrificio di Gesù Cristo, ne fanno tradizionalmente memoria ammazzando un montone.Gli animalisti, di cui si è fatta portavoce la sex symbol degli anni Sessanta, trovano che si tratti di costumi barbari. Non se la prendono tanto per la macellazione ebraica, svolta nel rispetto delle leggi e nei luoghi consentiti. Sono sconvolti per quanto accade nelle banlieue francesi a maggioranza islamica dove il sangue scorre a fiumi e le vasche da bagno casalinghe si trasformano per l’occasione in are improvvisate, mentre i Municipi predispongono sulla pubblica via cassonetti per raccogliere decine di carcasse. Basterebbe convincere gli imam per ridare un volto civile a intere aree urbane e promuovere l’integrazione. Anche nelle campagne italiane si ammazzava il maiale con un copione cruento che, col film “L’albero degli zoccoli”, Ermanno Olmi ha rappresentato in modo indimenticabile. Adesso basta. Non si fa più. Perché non si può più, tanto meno in città.In Francia, au contraire, è proibito criticare come barbari quei costumi. Per quanto sia stato reso pubblico, il messaggio inviato nel dicembre 2006 dall’ex attrice francese a Sarkozy, all’epoca ministro degli Interni, era un parere personale, anche se polemico. Quel che preoccupa è che non è la prima volta che la reprimono. La Bardot si era già beccata una multa di 4mila euro nel 2001 per istigazione all’odio e alla violenza razziale quando nel libro “Le carré de Pluton” del 1999 aveva attaccato l’invasione islamica, lo sgozzamento dei montoni e la proliferazione di moschee in Francia «mentre i campanili tacciono per mancanza di parroci». Lo stesso testo, pubblicato su Le Figaro il 26 aprile 1997, le era già costato 1.500 e circa 3mila euro di multa. Nel 2004, per gli stessi motivi, un’altra ammenda da 5mila euro per quanto aveva scritto nel suo libro “Un grido nel silenzio”. Nessuno si lamenterebbe se si accusassero gli eschimesi di crudeltà verso i cuccioli di foca. Ma quando c’è di mezzo l’islam non si scherza. Una dozzina di vignette satiriche su Maometto, a tre anni di distanza, provoca stragi: l’ultima lunedì scorso davanti all’ambasciata danese a Islamabad. La denuncia della sottomissione delle donne è costata la vita al regista olandese Theo van Gogh nel 2004. Anche il processo bergamasco a Oriana Fallaci è stato archiviato soltanto dopo la morte della scrittrice, rinviata a giudizio. Dunque rispettare i musulmani non è più una scelta di civiltà, ma un obbligo sotto minaccia, di violenza o di carcere. Almeno finché non si troverà una via di mezzo tra Voltaire e Osama Bin Laden. Che deve pur esserci, se non ci si vuole trovare stritolati tra il Terrore illuminista e la sharia.