Marini convocato al quirinale

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Re: Marini convocato al quirinale

Messaggiodi Beleg il 31 gen 2008, 00:14

Decade se vengono seguite le indicazioni dei quesiti referendari, firmati da 800.000 cittadini. Non credo che possano ignorare la volontà di cambiamento in senso maggioritario. Se si approva una sorta di neo-proporzionale, allora il referendum per modificare quegli specifici punti resta valido credo...
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Re: Marini convocato al quirinale

Messaggiodi Aragorn il 31 gen 2008, 01:27

no x' è un referendum abrogativo di qualche articolo dell'attuale legge elettore (che evidentemente nn è così male come tentano di farci credere)
i referendum propositivi nn sono contemplati dal ns ordinamento


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Messaggiodi Aragorn il 31 gen 2008, 01:39

“Si può formare un governo elettorale? No, non si può formarlo. Un leader politico che vuol formare un governo non per governare ma per fare le elezioni, sciogliendo il Parlamento, è un piccolo Mussolini istituzionalizzato…”.

A parlare non è un dirigente del centrodestra dei nostri giorni alle prese con la crisi di governo e con le consultazioni di rito al Quirinale, preoccupato che il Presidente Napolitano potesse compiere uno strappo e conferire ad una personalità istituzionale, seppur autorevole come Franco Marini, un mandato pieno per la formazione di un nuovo esecutivo “a termine” in vista dell’ineludibile consultazione elettorale. La citazione è tratta da un editoriale comparso sul Manifesto oltre trent’anni fa. Un testo che Franco Bassanini, all’epoca giovane ma già affermato giurista, deve aver preso davvero sul serio, al punto da citarlo in calce ad un illuminante scritto comparso nel 1972 sulla “Rivista trimestrale di diritto pubblico”.

Ed è proprio al saggio di Bassanini che Silvio Berlusconi e Renato Schifani hanno inteso riferirsi rammentando al Capo dello Stato che nel nostro ordinamento non è prevista la costituzione di un esecutivo formato esclusivamente per condurre il Paese alle elezioni (per questo, basta e avanza il relitto del governo Prodi) e che tale indicazione è ampiamente supportata da giuristi del calibro di Onida, Cheli e Bassanini, non certo sospettabili di tramare per il ritorno della Cdl alla guida del Paese.

La situazione contingente dalla quale l’ex ministro Ds prendeva le mosse trentasei anni orsono nel suo illuminante scritto è la crisi di governo del gennaio – febbario ’72. A tal proposito, Bassanini si interrogava sull’ampiezza e sulla natura dei poteri conferiti dalla Costituzione al presidente della Repubblica, sulla disciplina dello scioglimento delle Camere e, giù per li rami, sulla legittimità di un “governo elettorale”.

“Il nostro ordinamento costituzionale – scriveva allora Bassanini – se prevede l’ipotesi di un governo fatto per governare, non prevede invece quella di un governo esclusivamente elettorale: accertata l’inevitabilità dello scioglimento e la necessità del ricorso a nuove elezioni”, per il Capo dello Stato – e qui Bassanini cita Enzo Cheli e Valerio Onida – subentra il dovere di “preservare fino alla data delle elezioni le condizioni politiche esistenti al momento in cui la decisione dello scioglimento matura”, procedendo allo scioglimento con “quel governo che occasionalmente risulti in carica al momento in cui le condizioni obiettive dello scioglimento si vengono a delineare”.

Una soluzione diversa, osserva ancora l’ex ministro della Quercia, “oltre che incompatibile con il principio costituzionale per cui il governo deve essere formato per ottenere la fiducia delle Camera, costituisce anche (…) un precedente assai pericoloso, nella misura in cui tende a legittimare interventi del Capo dello Stato nella formazione dell’indirizzo politico sui quali non appare possibile o comunque agevole l’esercizio in forma tempestiva dei normali strumenti di controllo democratico (…). La possibilità di un abuso, o comunque di un ‘uso non imparziale dei poteri presidenziali’, si estende notevolmente se si ammette la possibilità di formare (e quindi di affidare l’incarico per formare) un governo intenzionalmente minoritario, ma cionondimeno destinato a governare il Paese per diversi mesi”.

La “dottrina Bassanini” è dunque chiarissima. Netta, inequivocabile, al di là di ogni interpretazione. Lo era in un contesto istituzionale nel quale era il Parlamento, proporzionalmente eletto, a determinare le maggioranze che sostenevano i governi. Lo è ancor di più nel momento in cui l’introduzione del premio di maggioranza nella legge elettorale ha modificato la Costituzione di fatto attribuendo al popolo sovrano la scelta della coalizione e del premier.

A Napolitano difficilmente questo poteva sfuggire, tanto è vero che dall’impasse istituzionale è uscito cavandosela con un “fallo laterale”: attribuendo a Marini qualcosa in più di un incarico esplorativo, e meno di un mandato pieno. Vale a dire quello che con linguaggio bizantino d’altri tempi sarebbe stato definito un “pre-incarico”.

Il nesso pare invece essere sfuggito all’autore – Bassanini, per l’appunto – che, messo di fronte all’evidente significato del suo scritto, e alle possibili ripercussioni sull’evoluzione della crisi che ha investito la sua parte politica, ha accusato Schifani d’aver tratto dalla monografia del ’72 “conclusioni arbitrarie”. Obietta, l’ex ministro, che “quella opinione dottrinale non fu seguita dalla prassi”, e che “riguardava una fattispecie del tutto diversa da quella attuale. Tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione (con la sola eccezione della pattuglia radicale) – spiega -, concordavano allora sulla opportunità di sciogliere le Camere. Questa convergenza oggi non c’è. Numerosi partiti ritengono che prima di sciogliere le Camere si debba tentare di approvare una buona legge elettorale, sostituendo il famigerato porcellum”. E conclude sostenendo che le sue tesi del ’72 non hanno attinenza con il tentativo di varare un governo “di scopo” o “a termine” per fare la riforma elettorale “ed eventualmente per portare a termine la riforma costituzionale o per gestire le crisi in atto”.

A Bassanini replica il senatore di Forza Italia Gaetano Quagliariello: “Nella polemica sulla legittimità del governo elettorale che oppone il senatore Schifani al professor Franco Bassanini – afferma - è vero, come sostiene quest’ultimo, che rispetto al 1972 il contesto istituzionale è cambiato. In particolare, oggi esiste una dinamica bipolare rafforzata da un sistema elettorale con premio di maggioranza che vincola con più forza di allora l’esecutivo all’espressione della sovranità popolare. Per questa ragione alcune delle argomentazioni avanzate nel 1972 sono più pregnanti oggi di allora. Ma Bassanini, evidentemente, più che al contesto istituzionale dà peso alle contingenze politiche e, tra queste, alla convenienza della sua parte che oggi, invece, sono di segno inverso rispetto ad allora”.


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Re: Marini convocato al quirinale

Messaggiodi Beleg il 31 gen 2008, 11:13

Aragorn ha scritto:no x' è un referendum abrogativo di qualche articolo dell'attuale legge elettore (che evidentemente nn è così male come tentano di farci credere)
i referendum propositivi nn sono contemplati dal ns ordinamento

Si, lo so che è abrogativo, visto che ne abbiamo due tipi, questo e il consultivo. Ma proprio per questa ragione, se nell'eventuale riforma elettorale non si vanno a modificare tutti e tre i punti legislativi a cui si riferisce il referendum, allora quest'ultimo resta valido e può consentire ai cittadini di abrogare quei punti che non sono stati modificati da una eventuale riforma. Insomma, se i tre quesiti referendari sono disattesi anche in parte e se anche uno dei punti di legge a cui si riferiscono rimane immutato, allora è giusto andare al referendum per abrogare quegli aspetti della legge elettorale non voluti dai cittadini firmatari.
Sul fatto che l'attuale legge sia una "porcata" vera e propria non ho alcun dubbio. Lo dicevano tutti, pure nel centrodestra, prima che ci fosse odore di elezioni e di poltrona. Mi basta sapere che con questa legge al Senato il premio è su base regionale, che le liste sono chiuse, che tende al proporzionale e che favorisce la frammentazione, come effettivamente è avvenuto e potrebbe avvenire. Questo mi basta per volerla cambiare.

Sull'articolo che hai postato precedentemente, partendo dal fatto che lo ha scritto Claudia Passa, una giornalista de Il Giornale, quotidiano di Berlusconi, mi sembra tutto alquanto strumentale (anche il tono complessivo), soprattutto perchè anche il senatore FI Quagliarello osserva che il contesto è cambiato rispetto a trent'anni fa e che le considerazioni di Bassanini sul "governo elettorale" e sul "porcellum" sono sostanzialmente fondate. Ma dopo queste considerazioni, Quagliarello tiene la linea Berlusconi e si aggancia alla presunta volontà di Bassanini di seguire contingenze politiche anzichè istituzionali. Non tenendo in conto che Bassanini, anche se in passato è stato ministro col centrosinistra, ora lavora alla Cassa depositi e prestiti...
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Re: Marini convocato al quirinale

Messaggiodi Aragorn il 31 gen 2008, 11:46

era particolare beleg :P

se vuoi posso citardi 200 dichiarazioni dei leader dell'unione anche a gennaio prima della crisi che dicevano se cade prodi si vota e basta...

è la politica si cambia idea in un batter d'ali di un colibrì


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Re: Marini convocato al quirinale

Messaggiodi Aragorn il 31 gen 2008, 11:49

ps sai anche che scrive sul giornale? io nn riesco manco a sfogliarlo...lo trovo troppo propagandistico


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Re: Marini convocato al quirinale

Messaggiodi Beleg il 31 gen 2008, 13:25

Aragorn ha scritto:ps sai anche che scrive sul giornale? io nn riesco manco a sfogliarlo...lo trovo troppo propagandistico

:D
E in effetti lo è, al pari di Liberazione, il Secolo XIX, l'Unità, la Padania... insomma, come tutti i giornali legati esplicitamente ad un partito.
So di Claudia Passa non perchè sono un lettore abituale de Il Giornale, ma semplicemente perchè quando vengono postati articoli vado sempre a ricercare su google la fonte del pezzo e su che testata scrive l'autore. Diciamo che è deformazione professionale. :D

Poi, che la coerenza nella politica sia rara è un dato indiscutibile.
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Re: Marini convocato al quirinale

Messaggiodi Aragorn il 31 gen 2008, 14:53

ti posto il fondo di Feltri

Non mi pare che Franco Marini sia molto contento d'aver ricevuto da Napolitano l'incarico esplorativo. L'aggettivo stesso fa sorridere. Cosa ci sarà mai da esplorare nel Parlamento italiano? Si sa perfettamente da chi è composto e come la pensano gli schieramenti. Non c'è nulla da scoprire se non qualche buffone disposto a vendere l'anima al diavolo, e ben altro a Marini, pur di non abbandonare la poltrona con annessa pensione a vita.
Conosciamo i vizietti della Casta e dei castori specialisti nell'arte di campare. La parola d'ordine è: resistere. L'obiettivo della nuova legge elettorale è falso; meglio, un pretesto puerile per non andare a votare, per abbassare le arie a Berlusconi e ai suoi alleati, magari far secco Veltroni che ha scocciato la nomenclatura del Partito democratico e, soprattutto, procedere alle nomine in vista negli enti pub -blici dove gira il grano, si realizzano buoni affari, si distribuisce il potere più ghiotto.
Il presidente-esploratore è consapevole di tutto ciò. Non è nato ieri. Probabilmente non gli va di raccontare la balla del governo istituzionale agli italiani, che non sono deficienti e si rendono conto della presa per il culo. Come si fa a definire istituzionale un esecutivo non appoggiato da mezzo Senato? Può darsi che raccattando un pezzo qua e un altro pezzo là, Marini riesca a spuntare un seggio in più rispetto all'opposizione. Ma a che gli serve un successo simile se non a fare la figura di un Prodi qualunque?
Con quale faccia egli pensa di entrare a Palazzo Chigi se hala certezza di avere contro il 55 per cento dei cittadini? Parte lesso e arriverà bollito alla rinuncia. Tanto più che sotto la sua presidenza, secondo Napolitano, bisognerebbe modificare oltre alla legge elettorale anche alcuni punti della Costituzione. Il che può avvenire soltanto con il sì di due terzi del Parlamento, altrimenti c'è il rischio di un referendum confermativo. Passerebbero anni, non mesi.
Insomma, la missione dell'esploratore è disperata e terminerà con una perdita di tempo. Le elezioni subito sono inevitabili. Conviene affrettarsi e non gingillarsi con le interpretazioni delle norme scritte sulla Carta. Se i politici avessero la minima percezione degli umori popolari avrebbero chiuso subito questa partita a scacchi noiosa e dall'esito scontato. La simpatia di cui godono non è mai stata alta, ora è colata a picco e si è trasformata in compassione per non dire disprezzo. Bel risultato.
Lo spettacolo grottesco al quale stiamo assisten -do grazie a crudeli riprese televisive è destinato a proseguire. Ci attendono giorni densi di pagliacciate. Marini che incontra Tizio Caio e Sempronio. D'Alema che cerca di convincere il Tale. Il Tale che si fa intervistare dall'amico giornalista Poi tutti a Porta a Porta per un litigio, voci sovrapposte, caos infinito, la gente che si rafforza nella convinzione d'essere in zona Scherzi a parte. Così per settimane. Quindi campagna elettorale, sberle volanti, sgambetti, processi, avvisi di garanzia a pioggia.
Prima di salutarvi una annotazione tecnica mi auguro non barbosa. Napolitano ha affidato a Marini un compito preciso: abrogare la legge elettorale e farne un'altra. Ma chi conferisce al Capo dello Stato un simile potere? Non certo la Costituzione dove si legge che il presidente (art. 92) incarica il premier di fare il premier, senza suggerirgli ciò che deve fare e ciò che deve cancellare. Vogliamo rispondere?


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Messaggiodi Aragorn il 31 gen 2008, 17:24

«Previsioni? Nessuna, il sentiero è stretto: il compito è gravoso ma non impossibile». Non sprizza ottimismo Franco Marini, incaricato dal presidente del mandato esplorativo dal capo dello Stato per verificare se esistano le condizioni per un esecutivo finalizzato che governi l'ordinaria amministrazione mentre il Parlamento discute di una nuova legge elettorale, ma nemmeno si abbandona al pessimismo prima dell'inizio dei colloqui con le forze politiche. «Punto a un accordo elettorale vero», ha detto il presidente del Senato. «Cerco un consenso ampio, quindi un consenso politico, non personale».


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Re: Marini convocato al quirinale

Messaggiodi Aragorn il 31 gen 2008, 21:51

Sulla scia di Marini si agitano vecchie e nuove manovre
di Giancarlo Loquenzi
Article content:

Proviamo a chiarire quello che sta accadendo in queste ore e in questi giorni sul fronte della crisi di governo e proviamo a farlo in forma rapida e schematica perché più il tempo passa più i nodi si ingarbugliano anziché sciogliersi.

Contribuisce a questo progressivo oscuramento di ciò che sarebbe altrimenti chiaro la decisione di ieri di Giorgio Napolitano di assegnare un mandato niente affatto limpido a Franco Marini. Messe da parte le cerimonie di rito e i garbati riconoscimenti di buona volontà, il profilo costituzionale dell’iniziativa presidenziale lascia molti dubbi. Lo scrive persino un osservatore esperto e prudente come Marzio Breda, quirinalista del Corriere della Sera. Breda parla di un “incarico finalizzato, che è una via di mezzo tra la rara soluzione del pre-incarico e il più praticato mandato esplorativo. Una formula che si avvicina al mandato pieno, senza essere veramente tale. Un ibrido che non ha precedenti nella prassi repubblicana”.

Ora, poiché le cose semplici semplificano e quelle complicate complicano, la strana formula attribuita alla missione di Marini e il tempo che egli impiegherà per espletarla porteranno molto probabilmente ad un maggiore intorbidimento del quadro politico, e quindi ad una maggiore libertà di manovra per chi nel torbido meglio si adatta.

Alcuni effetti già si intravedono. Il distacco di Baccini e Tabacci dall’Udc verso la formazione di una “cosa bianca” non ha grandi effetti sistemici per ora, ma certo smuove gli appetiti di chi vorrebbe regalare a Marini uno striminzito voto di fiducia. La novità ha subito messo in moto i conteggi: si torna a parlare di divisioni nell’Udeur, di dubbi tra quel che resta dei diniani, dei soliti tentennamenti di Fisichella e magari anche del voto che Marini – non più presidente del Senato – potrebbe dare a se stesso. Insomma si rischia di tornare a rimestare tra resti esanimi di una legislatura già finita.

Della stessa materia è fatta la mossa che si attribuisce in queste ore a Massimo D’Alema, impegnato a convincere Napolitano a usare il referendum per prolungare la legislatura e per creare scompiglio nel centro destra. L’idea sarebbe quella di far tenere il referendum elettorale il prima possibile e poi di andare a votare subito dopo con la nuova legge. A parte la natura costituzionalmente acrobatica di una simile proposta, è la logica politica a non reggere. D’Alema fa finta di non ricordare che la legislatura è finita anche per la minaccia costituita da quel referendum verso i partiti minori. Credere che la causa della caduta del governo possa diventare la ricetta per la sua salvezza è per lo meno bizzarro. Ed è piuttosto penoso confrontare le vecchie dichiarazioni di D’Alema piene di disprezzo per l’iniziativa referendaria (“non è certo il giudizio di Dio”, “il risultato del referendum crea solo maggiore confusione”, “è il Parlamento che fa le riforme”) con i toni accorati di lui e dei suoi quando oggi chiedono di tener conto e rispettare la volontà degli ottocentomila firmatari di quel referendum.

Quanto all’idea di creare scompiglio nel centro-destra, l’unico risultato evidente sinora è stata la risposta brusca di Bertinotti quando oggi ha detto: “La legislatura è finita col voto al Senato”.

Solo la prosopopea morale di cui la sinistra ancora si ammanta può far passare tentativi del genere come nobili ansie per il bene del paese e al contrario può far definire di pura e bieca convenienza la fretta di Berlusconi di andare al voto.

Eppure la sensazione che più il tempo passa più le cose si annodino deve essere presente anche ai vertici del Pd. I prodiani sono in grande agitazione e molti pensano che Prodi voglia staccarsi dal partito di cui è presidente per rialzare vecchie bandiere uliviste. Rosy Bindi predica un giorno sì e l’altro pure come non si debba dare per scontata la candidatura di Walter Veltroni a premier in caso di elezioni. E l’asse che sostiene Marini nella ricerca di una riforma elettorale condivisa - quello che passa per D’Alema, lo stesso Marini, Rifondazione e pezzi di Udc - è proprio quello di cui Veltroni può meno fidarsi.

Se questi sono i giochi in corso fa anche una certa impressione sentire Napolitano, Marini, i residui governativi e i giornali amici evocare l’idea di una opinione pubblica contraria al voto. Ora a parte l’irritualità di simili considerazioni se queste risuonano dal Quirinale dove l’unica voce che può essere registrata in questi frangenti è quella delle forze politiche che democraticamente rappresentano i cittadini, è comunque difficile identificare le attuali nomenclature sindacali, di Confcommercio o di Confindustria, con l’opinione pubblica o con la società civile. Senza contare che da più parti persino il Vaticano viene schierato sul fronte di chi rifugge le urne, e a farlo sono gli stessi che in altre occasioni avrebbero gridato contro la perfida ingerenza ruinian-papalina.

La cosa davvero strana è che in queste condizioni “prendere tempo” a qualcuno pare ancora una cosa utile e saggia.


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