ROMA - L'atomo è antieconomico, produce scorie altamente radioattive che nel mondo ancora nessuno sa dove mettere e soprattutto genera alti timori rispetto al rischio terrorismo. A ottobre 2007 risultano in funzione 439 reattori nel mondo per una potenza installata di 371.647 megawatt e queste 439 centrali sono in grado di offrire nei prossimi vent'anni oltre 400 tonnellate di plutonio, utile per costruire 80 mila bombe atomiche. Questa la fotografia scattata da Legambiente nel dossier "I problemi irrisolti del nucleare a vent'anni dal referendum" in vista dell'anniversario dell'8 novembre quando, era il 1987, gli italiani dissero no all'energia nucleare. Secondo l'associazione, nonostante i numeri sugli impianti in funzione forniti dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea), "il nucleare è oggi una fonte di energia in declino" e il contributo dell'atomo al fabbisogno mondiale di energia scenderà dal 15 al 13 per cento entro il 2030. Ma la vera questione sono i costi: "Chi ne parla come di una fonte competitiva sotto il profilo economico - ha affermato il presidente di Legambiente, Roberto Della Seta - mente sapendo di mentire: il costo di un Kwh di elettricità da nucleare deve necessariamente comprendere anche la chiusura del ciclo del combustibile, lo smaltimento delle scorie e lo smantellamento delle centrali per essere considerato reale e competere sul mercato". Nel dossier anche la mappa dei reattori in funzione. Leader per numero di centrali sul proprio territorio gli Stati Uniti con 104 impianti, seguiti da Francia con 59 (copre il 78% del fabbisogno elettrico nazionale) e Giappone con 55. Nel Vecchio Continente, dove sono attivi 197 reattori.
Alle spalle della Francia, c'é la Russia con 31 centrali, quindi Inghilterra con 19, Germania con 17 e Ucraina con 15. Non manca il capitolo incidenti. E' il caso della centrale di Ignalina in Lituania, di quella di Bohunice in Slovacchia o di quella di Temelin nella Repubblica Ceca, dove negli scorsi anni si è verificata una serie di piccoli incidenti che hanno messo in allarme la vicina Austria. Nel 2003, nell'impianto di Paks in Ungheria (considerato dall'Aiea tra i 25 più sicuri del mondo) si è verificato un incidente classificato di livello 3 della scala Ines (International Nuclear Event Scale). Ma la storia del nucleare, sia civile che militare, è costellata da una lunga lista di incidenti, che Legambiente ha provato a mettere in ordine (si tratta solo degli episodi conosciuti): tra i più gravi vanno ricordati quello di Sellafield in Inghilterra nel 1957, quello di Three Mile Island nel 1979 negli Usa, la catastrofe di Cernobyl, Tokaimura in Giappone nel 1999 e Mihama nel 2004, sempre in Giappone. In primo piano, poi, la questione scorie. Oggi i rifiuti radioattivi (si calcola che 250 mila tonnellate siano in attesa di stoccaggio), scrive Legambiente, devono essere sottoposti a un complesso iter fatto di classificazione e trattamenti. Esistono circa 80 depositi "provvisori" nel mondo, ma non ancora un sito di stoccaggio definitivo. L'unico prevedibile è quello di Yucca Mountain in Nevada che, se tutto andrà a buon fine, entrerà in funzione tra il 2010 e il 2015. Neppure l'Italia, sottolinea Legambiente, con la sua modesta quantità di scorie, ha saputo risolvere il problema, vista la pessima gestione dell'ipotesi di localizzarli a Scanzano Jonico nel 2003. C'é poi il decommissioning, ossia lo smantellamento delle centrali una volta spente. Si tratta di un processo delicato e molto oneroso che comporta rischi altissimi per la sicurezza data la radioattività delle componenti del reattore e di cui non esiste un protocollo unico a livello mondiale.
fonte ansa
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