E' TEMPO DI DIRE CHE LA NOSTRA REPUBBLICA E DEMOCRAZIA SONO DEMOCRATICHE E BASTA
di GENNARO MALGIERI
E tornato l'antifascismo. Nessuna sorpresa, beninteso, visto come vanno le cose. Sorprende che di esso si faccia ancora un uso strumentale dopo tante parole spese al contrario in questi anni e tante aperture (anch'esse strumentali, bisogna concludere), venute dagli ambiti più disparati del vecchio apparato politico-culturale comunista e azionista Non avevamo bisogno della "grande occasione" del 25 aprile, del resto, per scoprire il vero volto di chi si professava "diverso" dopo il tempo del furore ideologico. Già tre anni fa, l'allora presidente del Senato Marcello Pera, presentando il libro di Giampaolo Pansa, II sangue dei vinti, dì fronte alle polemiche che si accesero a sinistra, sentì il dovere di affermare che «non dobbiamo più dire che la Repubblica e la Costituzione sono antifasciste, ma che la Repubblica e la Costituzione sono democratiche». Pera riaccese così la discussione sul "mito" resistenziale e antifascista, del quale a lungo il ceto politico ha rivestito le istituzioni repubblicane come per conferire alle stesse una qualche "nobiltà".
A 61 anni dalla fine dellaguerra civile è giunto il momento di sostenere che non abbiamo più bisogno della «vulgata tolemaica resistenziale», come sostenne Pera, perché è nei fatti il riconoscimento dell'etica e della pratica democratiche da parte dei cittadini, comunque la pensino e votino, che si riconoscono semplicemente nella Repubblica e nella Costituzione (riformata o meno) senza la necessità di continuare a definirle come contro qualcosa.
Se si consegna il fascismo alla storia; se si prendono le distanze in maniera inequivocabile dalle aberrazioni del "secolo delle idee assassine"; se si scrivono pagine di storia a lungo negate (anche attraverso le fiction televisive: la tragedia delle foibe, la vicenda della, bonifica dell'Agro Pontino ecc. ) e finalmente si porta a conoscenza del grande pubblico il fatto che la Resistenza fu anche una storia di eccidi ingiustificati e di umane miserie, come ha documentato Pansa, è naturale che si sottraggano la Repubblica e la Costituzione alla mitizzazione a uso e consumo dei fomentatori di violenza, com'è avvenuto nei giorni scorsi, e si accetti di considerarle più semplicemente democratiche.
E un fatto che la Repubblica nasce dall'antifascismo, ma è altrettanto vero che non tutto l'antifascismo fu democratico. In esso si manifestarono forme di violenza e di prevaricazione, soprattutto in quel luogo noto come "Triangolo della morte", che fecero vittime non solo nel campo fascista, ma anche in ambiti del resisten-zialismo che si opponevano all'egemonia dei comunisti.
Su questa pagina della nostra storia a lungo è stato vietato indagare proprio perché si temeva che venisse scalfito il "mito" della Resistenza. E così gli italiani sono stati indotti a ritenere che il movimento antifascista fosse costituito da tutti paladini dell'ideale democratico, cosa che non fu. In esso la presenza dei comunisti, che guardavano all'Unione Sovietica di Stalin come a un faro ispiratore, è incontestabile. E sono stati gli stessi che hanno fatto passare in second'ordine l'apporto dato dall'antifascismo democratico alla nascita della Repubblica.
Oggi c'è necessità di rileggere la storia del Novecento non per usarla come un'impropria arma politica, ma per riconoscerci tutti in valori e istituzioni democratiche, senza altre aggettivazioni, al fine di dare vita, possibilmente, a un nuovo patto costituzionale per rispondere agli interrogativi che la modernità pone, senza che nessuno possa dire che si vuole tradire lo spirito originario della Repubblica.
Condivido l'analisi di Ernesto Galli Della Loggia apparsa ieri sul Corriere della Sera, secondo cui finché l'antifascismo dei democratici non saprà prendere le distanze dall'antifascismo "militante", da questa sua contraffazione intollerante, e non saprà farlo a voce alta, esso sarà sempre vittima, anche elettorale, del suo ricatto politico. E mostrando una simile timidezza ideologica che si crede di poter costruire il Partito democratico? La risposta non è difficile: in questo modo, come i più avvertiti della sinistra stessa sanno, non si va da nessuna parte.
Antifascismo e anticomunismo "militanti" non vogliono dire niente, avendo pressoché tutti gli italiani fatto i conti con il passato (forse qualcosa ancora potrebbero dirlo gli ex-comunisti sulla loro storia in Italia e in rapporto con l'Unione Sovietica). Chi si attarda nel rivendicare posizioni storicamente superate è perché nutre ingiustificati rancori ideologi.
La democrazia per vivere e prosperare non ha bisogno di miti ma di sentimenti e di ragione. I miti spesso portano all'itolleranza; i sentimenti e la ragione al dialogo. Ed è di questo che ai avvertiamo una disperata necessità.