di Aragorn il 26 apr 2006, 14:46
Ci sono per esempio le «teste calde» dei centri sociali più arrabbiati che, inneggiando ai «compagni in galera» per gli incidenti dell’11 marzo scorso - quando Milano ripiombò nella violenza politica - non trovano di meglio che bruciare due bandiere israeliane. E ancora fischi e insulti, alla brigata ebraica che sfila con le bandiere d’Israele, al grido di «Sionisti, assassini». E poi ci sono le tante teste «insofferenti» che riservano all’esangue ministro Letizia Moratti cinque minuti di fischi e slogan (il più gettonato: «Scuola pubblica!») fino a quando, dopo duecento metri, il ministro non abbandona il corteo. Una contestazione che avviene nonostante la candidata sindaco per il Polo si accompagni al padre, ex deportato nel campo di concentramento nazista di Dachau. E sono queste «teste», questi episodi, che alla fine concentrano l’attenzione politica e le inevitabili polemiche su una manifestazione che per partecipazione, colore e tranquillità, coinvolge l’intera città. Per il Professore poi, lungo i quattrocento metri che separano Piazza San Babila da Piazza Duomo e che percorre in corteo, è un vero e proprio trionfo con un abbraccio finale della piazza cui il capo dell’Unione fatica a sottrarsi, dopo aver promesso «cinque anni di governo» per riportare «l’Italia tra i protagonisti del mondo». Ma soprattutto l’episodio della contestazione a Letizia Moratti, che proprio Prodi è tra i primi a stigmatizzare, spiegando che «disapprovo pienamente» perché «chi è presente riconosce il valore del 25 aprile», a scatenare reazioni e polemiche, con il Polo che accusa la sinistra di aver strumentalizzato per l’ennesima volta la manifestazione. E anche se la stessa Moratti fa sapere che l’abbandono del corteo era stato deciso indipendentemente dai fischi, per il neo senatore e presidente della Regione Roberto Formigoni «è il segno di come una parte della sinistra ritiene debba essere la democrazia: vietare il diritto di cittadinanza a chi non la pensa esattamente come te».
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»